Il viaggio a Dacca di Papa Francesco è stato caratterizzato da un incidente che avrebbe potuto rovinare la festa religiosa che si è tenuta regolarmente in seguito. Mentre la vettura con a bordo il pontefice procedeva verso la capitale del Bangladesh, un traliccio è precipitato in mezzo alla strada mettendo a rischio l’incolumità del Santo Padre e quella della sua scorta.
Secondo quanto riferito dalle fonti locali, l’incidente si è verificato a causa della foga dei fedeli accorsi in fretta e furia a bordo della strada transennata per vedere e salutare il pontefice: un gruppo di fedeli, infatti, è caduto rovinosamente andando a sbattere contro il palo della luce e causandone la caduta. Per fortuna in quel momento nessun mezzo era nella porzione di spazio in cui è caduto il traliccio e poco dopo, grazie all’intervento della scorta del Papa che ha sollevato il palo per permettere il passaggio della vettura, il viaggio è continuato senza ulteriori intoppi.
Papa Francesco, giunto ai giardini vescovili, ha rifiutato di utilizzare le tradizionali auto da golf per spostarsi da un punto all’altro, preferendo (con una scelta conforme a quella fatta da Papa Giovanni Paolo II sedici anni prima) farsi trasportare con il risciò da un giovane ed emozionatissimo ragazzo. Il momento più pregnante della visita del Papa, però, è stato l’incontro con il sedici profughi rohingya, rifugiatisi in Bangladesh per sfuggire alla persecuzione subita dal loro popolo in Myanmar (persecuzione di cui Papa Francesco ha parlato ampiamente quando a visitato il paese asiatico).
In seguito all’incontro il Papa ha voluto esprimere ai sedici rifugiati il proprio cordoglio per quanto sta accadendo al loro popolo e la propria solidarietà nei loro confronti, ecco il discorso integrale: “Noi tutti vi siamo vicini. È poco quello che possiamo fare perché la vs tragedia è molto dura e grande ma vi diamo spazio nel cuore. A nome di tutti quelli che vi hanno perseguitato, che vi hanno fatto del male,chiedo perdono. Nella tradizione giudaico-cristiana Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. Tutti noi siamo questa immagine. Anche questi fratelli e sorelle. Noi tutti portiamo il sale di Dio dentro. Anche questi fratelli e sorelle. Facciamo vedere al mondo cosa fa l’egoismo con l’immagine di Dio. Tanti di vi mi avete detto del cuore grande del Bangladesh che vi ha accolto. Mi appello al vostro cuore grande perché sia capace di accordarci il perdono che chiediamo. Sono l’immagine del Dio vivente. Una tradizione della vostra religione dice che Dio ha preso dell’acqua e vi ha versato sale, l’anima degli uomini. Non chiudiamo il cuore non guardiamo da un’altra parte. La presenza di dio oggi si chiama anche Rohingya. Ognuno ha la sua risposta Continuiamo a stare vicino a loro perché siano riconosciuti i loro diritti”.
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