La triste vicenda dell’imprenditore arrestato per truffa sulle mascherine ci mostra come l’idolatria del denaro non guardi in faccia nessuno. Nemmeno a emergenze planetarie come il coronavirus.
Antonello Ieffi, 42 anni, con una vita da gossip e copertine, è stato arrestato per turbativa d’asta su un appalto che prevedeva la fornitura di 24 milioni di mascherine per una cifra di 15 milioni di euro. La Guardia di Finanza infatti, prima di dare via libera al contratto, ha voluto vederci chiaro. Perciò si è messa a fare verifiche. Quello che è saltato fuori riguardava implicazioni in numerose truffe.
Così lo spigliato giovane è finito in carcere. Arrestato giovedì mattina dagli investigatori del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Roma. Ieffi aveva infatti messo in piedi un’operazione volta ad aggirare le norme partecipando alla gara d’appalto con una ditta fittizia, del tutto inadatta a procurasi i dispositivi sanitari e consegnarli agli ospedali, in questi giorni gravemente in difficoltà per fronteggiare l’emergenza del coronavirus. Le accuse sono di turbativa d’asta e inadempimento di contratto pubblico.
La società Biocrea di cui Ieffi era titolare, fino al 19 febbraio, prima di una vendita che l’accusa ritiene fittizia, come ragione sociale dichiarava “coltivazione di fondi, allevamento di animali” e altre attività agricole. Il 16 marzo Consip ha chiesto i primi chiarimenti e l’imprenditore ha risposto cercando di mettere in piedi giustificazioni e scuse, come la pianificazione di un volo dalla Cina. Chiedendo aiuto persino al ministro degli Esteri Lugi Di Maio.
Alla società venditrice tuttavia si risaliva ad altre ditte di cui era socio lo stesso Ieffi. Che per giustificare i ritardi parlava di “motivi di forza maggiore”. La verità era che il Qatar aveva bloccato i suoi conti correnti. L’Agenzia delle Dogane ha così disposto altre verifiche, fino a scoprire che in Cina non c’era alcuna traccia di queste mascherine.
Solo alla fine si è risaliti al fatto che la società Biocrea aveva in conto violazioni tributarie per oltre 150.000 euro, nascoste al momento della gara. Per questo era stata ceduta fittiziamente alla sua complice. Altri due soci di Ieffi, in una delle società di intermediazione, sono poi risultati coinvolti in procedimenti per spaccio di stupefacenti e riciclaggio aggravato dal favoreggiamento alla mafia.
L’imprenditore, appena perso l’appalto dopo la denuncia, subito si stava organizzando con una società fantasma per un’altra gara pubblica, per l’approvvigionamento di guanti sterili, occhiali, tute di protezione e camici, dal valore di oltre 64 milioni di euro. A dimostrazione che, per l’idolatria del denaro, si è capaci di non guardare in faccia a niente e nessuno.
Le mascherine servono infatti a far lavorare medici e operatori sanitari in sicurezza, a salvare vite ed evitare che si verifichino meno morti possibili. Speculare su contesti di questo tipo, o mettere in piano vere e proprie truffe milionarie, mostra come ormai il dio denaro non guarda più in faccia a nessuno, tanto meno all’emergenza o al dolore di persone ricoverate e di famiglie che hanno perso i propri cari.
Stiamo parlando di un’epidemia che ha procurato nel nostro paese 140 mila infezioni e 17 mila morti, a fronte dei quali lo Stato è ricorso a procedure speciali per garantirsi le forniture mediche, puntando principalmente su due fattori: tempo e capacità di consegna. Due punti su cui l’imprenditore aveva letteralmente giocato d’azzardo.
Le vite da copertina, i soldi, il successo, il divertimento fine a sé stesso, in questi casi sono l’unico obiettivo di un’esistenza in cui si sottrae ai doveri verso il prossimo, verso la comunità umana. Un tempo esistevano valori, come il senso di appartenenza, a un paese o a una comunità umana, senza scomodare il patriottismo, in cui di fronte a una crisi e a una sofferenza comune ci si stringeva tutti insieme contro il nemico.
Oggi, l’unico obiettivo resta sempre quello di fare il proprio interesse individuale, anche a pieno discapito del proprio amico. Segni che arrecano molto dolore e sconforto, su cui dovremmo tristemente e profondamente riflettere.
Giovanni Bernardi
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