Il vero approccio del Pontefice alla questione omosessuale è stato a lungo equivocato. Il tema è effettivamente molto complesso e delicato.
Ha fatto molto discutere la lettera inviata nei giorni scorsi da papa Francesco al suo confratello gesuita padre James Martin.
La questione accende gli animi e non è di poco conto, per una serie di ragioni. Vuoi perché, giusto lo scorso weekend, la Chiesa è stata profondamente maltrattata dalla parata blasfema del Roma Pride. Il motivo più rilevante è tuttavia l’apparente contraddizione tra il sostegno del Santo Padre al gesuita americano e l’altolà della Santa Sede sul ddl Zan.
Andiamo con ordine: padre James Martin, 60 anni, metà dei quali trascorsi nella compagnia di Gesù, è probabilmente il più noto al mondo tra i sacerdoti impegnati nella pastorale lgbt. Padre Martin è quindi attivo nell’accompagnamento di persone con tendenza omosessuale di ogni tipo, compresi i transgender.
In quanto consultore del Dicastero della Comunicazione, Martin è stato ricevuto più volte dal Pontefice, che gli ha ripetutamente ribadito la sua stima. In occasione di un webinar Outreach 2021 del ministero cattolico lgbtq, Il Papa ha inviato una lettera, a padre Martin, che quest’ultimo ha postato su Twitter nella sua originaria forma chirografica.
“Lo ‘stile’ di Dio – scrive Francesco – ha tre tratti: vicinanza, compassione e tenerezza. Questo è il modo in cui si avvicina a ciascuno di noi. Pensando al tuo lavoro pastorale – prosegue rivolto a padre Martin – vedo che cerchi continuamente di imitare questo stile di Dio. Tu sei un sacerdote per tutti e tutte, come Dio è Padre di tutti e tutte. Prego per te affinché tu possa continuare in questo modo, essendo vicino, compassionevole e con molta tenerezza”.
Bergoglio ringrazia il suo confratello americano per la sua “capacità di essere vicino alle persone con quella vicinanza che aveva Gesù e che riflette la vicinanza di Dio”. In conclusione, scrive: “Prego per i tuoi fedeli, i tuoi ‘parrocchiani’ tutti coloro che il Signore ha posto accanto a te perché tu ti prenda cura di loro, li protegga e li faccia crescere nell’amore di nostro Signore Gesù Cristo”.
Per molti versi, dunque, nulla di nuovo rispetto alla linea pastorale della misericordia, che ha sempre contraddistinto questo pontificato. Sulla scia di San Giovanni XXIII e del Vaticano II, la Chiesa benedice il peccato ma non il peccatore e si sforza di guardare senza pregiudizi ad ogni situazione di disagio e di emarginazione.
Il vero problema, dunque, non è la vicinanza della Chiesa alle persone omosessuali, siano esse ideologizzate o meno. Il nodo essenziale della questione è quanto siano presenti, all’interno delle curie – a partire della Curia vaticana – ‘enclavi’ lgbt in abito talare.
Parliamo di sacerdoti, persino vescovi, che, in maniera quasi sempre opaca, portano avanti i ‘costumi’ omosessuali in ambito ecclesiastico, facendosi – nei casi più estremi – portavoce delle cause lgbt. I preti che, tra il 2015 e 2016, hanno sostenuto apertamente le unioni civili e che oggi sostengono il ddl Zan non sono certo la maggioranza ma la maggior parte dei fedeli italiani ne conosce o ne ha sentito nominare almeno uno.
Il problema della strisciante decadenza dei costumi nelle canoniche e nelle curie non va confuso in toto con la piaga dei preti pedofili ma sarebbe un errore madornale ritenere che le due questioni non si intersechino vicendevolmente. Non tutti i preti omosessuali, cioè, sono necessariamente preti lgbt di stampo ideologico. È però evidente che la quasi totalità dei preti pedofili sono omosessuali, in quanto la stragrande maggioranza delle piccole vittime sono di sesso maschile.
È vero che papa Francesco, nel combattere la piaga pedofila, ha posto l’accento più sul clericalismo che sull’omosessualità dei preti macchiatisi di questa pratica criminale. È altrettanto vero, però, che, in tante occasioni, il pontefice argentino, in linea con la dottrina di sempre, ha condannato senza mezzi termini l’ideologia gender come “colonizzazione ideologica” e “sbaglio della mente umana”.
Quasi tutti, poi, hanno dimenticato che, pochi mesi dopo la sua elezione, nel giugno 2013, da una riunione a porte chiuse con i rappresentanti dei religiosi latinoamericani, Bergoglio fece accenno alla presenza di una “lobby gay in Vaticano”.
Lo scontro epocale sulla natura umana è quindi in atto da molto tempo e, in esso, la Chiesa sta cercando di destreggiarsi con la massima cautela e discrezione. Il confine tra accoglienza del peccatore e assecondamento acritico del peccato è molto labile e anche di questo il Papa è consapevole.
Luca Marcolivio
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