Come in ogni guerra il successo di un offensiva militare passa per le informazioni fornite dagli infiltrati presenti nello schieramento avversario. Così anche per la guerra in Siria, le spie hanno avuto un ruolo fondamentale per l’avanzata della coalizione all’interno della roccaforte dell’Isis a Mosul.
Recentemente sulle pagine de ‘Gliocchidella guerra’ viene parafrasata l’esperienza di una giovane donna che per mesi ha passato informazioni prima ai peshmerga curdi e poi all’esercito iracheno. Il desiderio di combattere il gruppo terroristico dall’interno ha portato questa intrepida donna ad infiltrarsi nei ranghi del personale medico.
Per mesi ha curato i soldati feriti in operazioni militari, nel frattempo osservava ogni dettaglio di ciò che accadeva attorno e consegnava i rapporti ai curdi. Un lavoro pericoloso che poteva costarle anche la vita, ma che riteneva un obbligo nei confronti della sua patria e dei suoi concittadini schiacciati dalla dittatura del sedicente ‘Stato Islamico’.
Nel corso di quei mesi la guerra si faceva sempre più dura e l’Isis perdeva territori. Ben presto è iniziata la caccia agli infiltrati, molti suoi “Colleghi”sono stati scoperti ed assassinati insieme alle loro famiglie. Il suo ruolo si fece ancora più complicato, sia perché i membri dell’Isis erano più sospettosi, sia perché il rischio per gli informatori curdi si faceva sempre più incombente.
Persi gli appoggi ed i contatti, la donna si è vista condannata, così, una notte ha deciso di abbandonare Mosul e andarsi a rifugiare a Quayyara (città sotto il controllo dell’esercito iracheno). Per fortuna nessuno dei terroristi l’ha intercettata, in caso contrario per lei non ci sarebbe stata salvezza ed avrebbe fatto la fine degli altri informatori: “Altri informatori sono stati scoperti nella mia stessa zona. Sono stato tutti ammazzati, come pure i loro figli. Anche grazie a loro e alle informazioni che hanno comunicato a costo della vita, i peshmerga prima, e oggi anche l’esercito iracheno, sono stati in grado di indirizzare meglio gli attacchi, e controllare il pericolo”.
Sono passati 4 mesi dalla sua miracolosa fuga, ma la sua vita è ancora in pericolo e la sua identità è tenuta sotto stretto riserbo. Grazie a lei e agli altri informatori, però, Mosul adesso è libera dalla tenaglia dei terroristi.
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