Sant’Ubaldo di Gubbio difese la sua città con tutte le sue forze, diventando un vero pilastro per la comunità. Bastarano poche parole per fermare il nemico.
Ubaldo apparteneva a una nobile famiglia originaria della Germania, ben presto però rimase orfano di entrambi i suoi genitori. Sarà un’omonimo zio a curare la sua educazionem sia religiosa che intellettuale.
L’origine della vocazione di Ubaldo e la richiesta al Papa
Dopo essere ordinato sacerdote, nel 1114, e in seguito eletto priore della sua canonica, ne riformò la disciplina e il costume, e presto la fama del suo nome e delle sue virtù si diffuse anche al di fuori della città, al punto che da Perugia venne acclamato come vescovo nel 1126
Ubaldo in risposta si recò a Roma per chiedere l’esonero da questo incarico nientemeno che a Papa Onorio II, ottenendo quanto chiedeva. Così il vescovo Ubaldo governò la diocesi di Gubbio per 31 anni, superando molte avversità, sconfiggendo i suoi nemici, ammansendo gli avversarsi.
Lo sconforto verso i canonici della cattedrale di San Mariano a Gubbio
Tutto nacque dal suo sconforto verso i canonici della cattedrale di San Mariano a Gubbio, che non pregavano e non facevano penitenza, e quando Ubaldo era stato ospite da loro, prima di farsi sacerdote, fu vicino a cambiare idea. Una volta tornato alla collegiata di San Secondo le cose cambiarono, andò a studiare a Fano per un breve periodo e poi tornò a Gubbio, stabilendovisi definitivamente.
Nella collegiata di San Secondo incontra Giovanni da Lodi, monaco per quarant’anni a Fonte Avellana e poi vescovo di Gubbio per il solo ultima anno della sua vita. In quell’anno prende Ubaldo come suo collaboratore e lo invia proprio a San Mariano per mettere in riga quegli stessi canonici. Lui, non essendo nemmeno ancora prete, ci riuscì.
Ubaldo torna in città e lavora per la ricostruzione e dedica tutto di sé
Furono le sue doti di persuasore ma anche la forza del suo esempio a far cambiare loro strada, gli stessi che poi lo elessero priore per un decennio, mentre veniva anche ordinato sacerdote. Quando un incendio brucia però molte case di Gubbio, la stessa fine fa la Cattedrale, e i canonici si disperdono nelle varie chiese.
Indeciso se farsi eremita, Ubaldo torna in città e lavora per la ricostruzione. Lì ci fu la chiamata da Perugia, quando il popolo lo voleva vescovo ma lui riuscì a sfuggire a questa sorte dopo la morte del vescovo perugino. Ma alla morte del vescovo di Gubbio arrivò il suo turno, e lì i problemi si spalancano di fronte a lui, con le aspre divisioni tra le famiglie importanti che contornano gli scontri indisciplinati nel clero.
La chiamata di Ubaldo per il popolo, di fronte alle crisi, è alla preghiera
La sua risposta è sempre salda, mai impaurita né infuriata. Di fronte alle offese nei suoi confronti, quando nelle liti cittadine si passa alle armi, lui è disposto a mettere in gioco anche la sua vita pur di fermare tutto. Gubbio, attaccata da una coalizione di città umbre capeggiate da Perugia, nel 1154 ne esce vittoriosa grazie alle preghiere di Ubaldo. Quando Federico Barbarossa dà fuoco a Spoleto e poi assedia Gubbio nel 1155 Ubaldo corre dall’imperatore, ci parla e al termine della conversazione la città è salva.
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La chiamata di Ubaldo per il popolo, di fronte alle crisi, è alla preghiera. Lui, col tempo, diventa un vero baluardo della città, e alla sua morte molti riconoscono le sue profezie e i suoi miracoli, tanto da proclamarlo patrono della città. Il corpo, dalla cattedrale, nel 1194 viene trasferito in una chiesa sul monte Ingino, dove ogni anno gli eugubini si recano con la notissima “corsa dei ceri”, insieme a solenni riti religiosi, proprio per festeggiare Ubaldo.
Giovanni Bernardi