C’è una speranza che si sta facendo strada in questo momento drammatico e che vede al centro il Papa: Bergoglio potrebbe rivestire il ruolo che Wojtyla ebbe durante l’ultima grande tensione mondiale? La risposta in un’importante intervista all’ambasciatore esperto di relazioni internazionali.
In giornata la Santa Sede ha diffuso le parole del Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, in cui invita a mantenere la speranza di fronte al male della guerra che cresce e divampa ora dopo ora.
“I tragici scenari che tutti temevano stanno diventando purtroppo realtà. Ma c’è ancora tempo per la buona volontà, c’è ancora spazio per il negoziato, c’è ancora posto per l’esercizio di una saggezza che impedisca il prevalere degli interessi di parte, tuteli le legittime aspirazioni di ognuno e risparmi il mondo dalla follia e dagli orrori della guerra”, ha scritto nel documento vaticano il Segretario Parolin.
La speranza dei credenti e della Santa Sede
“Noi credenti non perdiamo la speranza su un barlume di coscienza di coloro che hanno in mano i destini del mondo. E continuiamo a pregare e digiuniamo – lo faremo il prossimo mercoledì delle Ceneri – per la pace in Ucraina e nel mondo intero”. La stessa speranza che tanti ripongono in Dio, e anche in un’azione materiale della Chiesa all’interno del drammatico conflitto. Magari svolta in prima persona da Papa Francesco.
L’ex ambasciatore italiano a Mosca Sergio Romano, grande esperto di Russia e di relazioni internazionali, lo ha certificato nero su bianco in un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano. In questa sfida, ha detto Romano, Papa Francesco è l’unico che può davvero svolgere il ruolo di pacificatore. “Solo il Papa potrebbe chiedere un atto di sincera e buona volontà”, ha detto il diplomatico.
Nonostante infatti il Pontefice non perde giorno per lanciare forti appelli per la pace, invocando la Regina della Pace e chiamando tutti i fedeli al digiuno, il Vaticano infatti questi giorni è molto defilato e sommesso nel fare attenzione a non prendere esplicita posizione né dall’una né all’altra parte.
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Segno che la Chiesa conosce le possibilità che ha di essere davvero un’agente di pace nelle controversie internazionali, e Francesco sente così la chiamata a ripercorrere i passi dei suoi predecessori al Soglio petrino. Non può infatti che saltare subito alla mente l’importanza che Giovanni Paolo II ebbe nella risoluzione della Guerra fredda, che si concluse con la disfatta del comunismo e con la caduta del Muro di Berlino.
Al centro del possibile operato di mediazione tra la Russia e l’America c’è infatti anche la questione del possibile scisma nella Chiesa ortodossa, che Francesco vuole scongiurare a tutti i costi e per questo nei prossimi mesi incontrerà il Patriarca di Mosca Kirill, figura estremamente vicina al presidente Putin.
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Nei giorni scorsi l’ambasciatore russo presso la Santa Sede, Aleksandr Avdeeve, ha annunciato che nei prossimi mesi avverrà questo incontro, anche se non si sa ancora dove. Molto probabilmente si tratterà di un luogo neutro, proprio come avvenne nel 2016 per il primo storico incontro tra i due, a Cuba. L’unica richiesta di Bergoglio è stata quella che questo luogo dovrà essere “là dove le persone e i cristiani soffrono”.