Vivere ogni giorno le cose piccole, per Dio e per i fratelli, nel modo quanto più straordinario possibile. È stata questa la chiave di lettura della catechesi del Papa di questa mattina.
Francesco ha, infatti, illustrato la figura di una Santa, forse non conosciuta da tutti, ma che ha incarnato pienamente nella sua vita e nel suo operato queste qualità e queste virtù.
Chi era Santa Kateri Tekakwitha? Il Santo Padre ce lo racconta.
È la sua ultima udienza generale prima di partire per il viaggio apostolico in Mongolia, tanto voluto e tanto da lui desiderato. Ma non per questo Papa Francesco si è sottratto all’incontro con i fedeli e alla catechesi settimanale con loro. In un’aula “Paolo VI” gremita, il Pontefice ha deciso di concentrare la sua attenzione su di un tema molto particolare, ovvero quello dello zelo apostolico che ogni discepolo di Gesù ha nei confronti di Dio, del prossimo e, anche, nella passione di annunciare il Vangelo.
In particolare, il Papa ha posto la sua attenzione sulla figura di una Santa, non da tutti conosciuta. Sì, perché Francesco ci sta aiutando anche in questo, a conoscere i santi “meno popolari”, ma non per questo meno importanti nella storia della Chiesa. Perché ognuno di loro, nel loro piccolo, ha lasciato un grande segno nella Chiesa.
Lei è Santa Kateri Tekakwitha, nata intorno all’anno 1656 nello Stato di New York. È stata la prima donna, nativa del Nord America, ad esser stata canonizzata. Da piccola, Kateri aveva imparato a pregare grazie a sua madre, che era cristiana: “L’evangelizzazione spesso inizia così: con gesti semplici, piccoli, come i genitori che aiutano i figli a imparare a parlare con Dio nella preghiera e che raccontano loro il suo amore grande e misericordioso” – ha spiegato Francesco.
E, anche per Santa Kateri, la fede è arrivata grazie a sua madre: “[…] Lei l’aveva ricevuta dalla mamma in dialetto, il dialetto della fede”. Una fede che, sin da piccola, non si è mai spenta in lei. Il vaiolo, che le lascia segni indelebili sul viso, la morte dei suoi genitori e le minacce di morte che lei stessa ha dovuto subire a causa del suo essersi battezzata. Ma Kateri era forte, perché forte era l’amore per la croce di Cristo che lei aveva.
“La testimonianza del Vangelo, infatti, non riguarda solo ciò che è piacevole; dobbiamo anche saper portare con pazienza, con fiducia e speranza le nostre croci quotidiane. La pazienza, davanti alle difficoltà, alle croci: la pazienza è una grande virtù cristiana. Chi non ha pazienza non è un buon cristiano” – dice il Papa – “[…] La vita di Kateri Tekakwitha ci mostra che ogni sfida può essere vinta se apriamo il cuore a Gesù”.
Il suo rifugiarsi presso i Gesuiti, il suo dedicarsi all’adorazione di Gesù Sacramentato, la preghiera, la penitenza ma soprattutto, il suo dedicarsi alla cura dei malati e degli anziani, offrendo il suo umile ed amorevole servizio a Dio quanto ai fratelli: “Certo, non tutti sono chiamati a fare lo stesso voto di Kateri; tuttavia, ogni cristiano è chiamato ogni giorno a impegnarsi con cuore indiviso nella vocazione e nella missione affidatagli da Dio, servendo Lui e il prossimo in spirito di carità” – continua il Papa.
Una testimonianza di vita che ha fatto del suo centro l’amore per Gesù e lo zelo apostolico. Un amore pieno e completo: “Le ultime parole di Kateri sono bellissime. Prima di morire ha detto: ‘Gesù, ti amo’ […] Ognuno di noi ha questa chiamata: andiamo avanti su questa strada. Il Signore non ci mancherà” – conclude Francesco.
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