Udienza Generale: come fare quando i nostri figli sono fonte di preoccupazioni?

Sono tante le situazioni di sofferenza che affliggono le famiglie: bambini malati, ragazzi che non studiano, altri dediti alla trasgressione o con “orientamenti sessuali diversi”. Papa Francesco ha avuto una parola di consiglio per i loro genitori.

San Giuseppe è un esempio mirabile nell’affrontare tutte le situazioni difficili della vita, che richiedono decisioni radicali. Se n’è parlato nel corso dell’Udienza Generale di oggi.

Papa Francesco udienza generale
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Dio ci parla anche nei sogni

Tra le peculiarità di San Giuseppe c’è quella di essere un “uomo che sogna”. Nella Bibbia, del resto, “i sogni erano considerati un mezzo attraverso cui Dio si rivelava”, ha spiegato papa Francesco proseguendo il suo ciclo di catechesi.

Il sogno – ha spiegato – simboleggia la vita spirituale di ciascuno di noi, quello spazio interiore, che ognuno è chiamato a coltivare e a custodire, dove Dio si manifesta e spesso ci parla”.

Nella nostra interiorità, però, non c’è soltanto la voce di Dio ma anche “le voci delle nostre paure, delle esperienze passate, delle speranze”; per non parlare della “voce del maligno che vuole ingannarci e confonderci. Anche per questo, ha puntualizzato il Santo Padre, è importante “riconoscere la voce di Dio in mezzo alle altre voci”.

In tal senso Giuseppe “dimostra di saper coltivare il silenzio necessario e, soprattutto, prendere le giuste decisioni davanti alla Parola che il Signore gli rivolge interiormente”.

San Giuseppe, uomo obbediente a Dio

Il Vangelo mostra quattro sogni fatti da San Giuseppe, il primo dei quali lo mette a conoscenza della gravidanza di Maria (cfr Mt 1,18-25). Quando apprende che quel figlio è generato dallo Spirito Santo, si chiamerà Gesù e salverà il suo popolo dai suoi peccati (cfr vv.20-21), Giuseppe si desta e fa immediatamente come ordinato dall’angelo.

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In situazioni come queste, ha sottolineato il Pontefice, “il Signore non permette mai un problema senza darci anche l’aiuto necessario per affrontarlo”.

Nel secondo sogno, l’angelo avverte Giuseppe del pericolo di Erode contro la sua famiglia e gli ordina di fuggire in Egitto (cfr Mt 2,13). Anche in questo caso, Giuseppe obbedisce. Nelle situazioni di pericolo per la vita nostra e dei nostri cari, “pregare vuol dire ascoltare la voce che può far nascere in noi lo stesso coraggio di Giuseppe, per affrontare le difficoltà senza soccombere”.

Nel terzo sogno, l’angelo ordina a Giuseppe di tornare in Giudea (cfr Mt 2,19-20), essendo morti coloro che volevano uccidere il bambino. Quando però viene a sapere che a regnare c’è ora il figlio di Erode, Giuseppe viene preso dalla paura. È proprio in questa circostanza che arriva il quarto sogno, a seguito del quale, Giuseppe si ritira in Galilea e va ad abitare con Giuseppe e Maria a Nazaret.

Anche la paura fa parte della vita – ha commentato il Papa – e anch’essa ha bisogno della nostra preghiera. Dio non ci promette che non avremo mai paura, ma che, con il suo aiuto, essa non sarà il criterio delle nostre decisioni”.

Come fare se un figlio ha un orientamento sessuale diverso?

Pensando alle tante persone “schiacciate dal peso della vita e non riescono più né a sperare né a pregare”, Francesco ha invocato l’aiuto di San Giuseppe perché le aiuti ad “aprirsi al dialogo con Dio, per ritrovare luce, forza e aiuto.

Bergoglio ha rivolto il suo pensiero ai tanti genitori nel mondo, afflitti dalle problematiche dei figli, indicando “malattie anche permanenti” ma anche “gli orientamenti sessuali diversi”, rispetto ai quali non bisogna “nascondersi in un atteggiamento condannatorio” ma saper “accompagnare.

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Ci sono figli che “fanno ragazzate” e incorrono in “incidenti con la macchina”, figli che “non vanno avanti con la scuola”. A questi genitori, il Santo Padre ha detto: “Non spaventatevi” e “chiedete che San Giuseppe vi aiuti”. E ha evocato un ricordo in lui indelebile del suo ministero episcopale a Buenos Aires, quando vide la coda dei parenti che andavano a visitare i carcerati. “Mi faceva tenerezza vedere una mamma che, davanti a un figlio che ha sbagliato, non lo lasciava solo”, ha detto.

La preghiera però non è mai un gesto astratto o intimistico, come vogliono fare movimenti spiritualisti, più gnostici che cristiani, è sempre indissolubilmente legata alla carità”, ha aggiunto, indicando l’esempio di San Giuseppe che “pregava, lavorava e amava, e per questo ha ricevuto sempre il necessario per affrontare le prove della vita.

A lui il Papa ha dedicato, anche in questa occasione, la preghiera finale dell’Udienza Generale: “San Giuseppe, uomo che sogna, insegnaci a recuperare la vita spirituale come il luogo interiore in cui Dio si manifesta e ci salva. Togli da noi il pensiero mai che pregare sia inutile; aiuta ognuno di noi a corrispondere a ciò che il Signore ci indica. Che i nostri ragionamenti siano irradiati dalla luce dello Spirito, il nostro cuore incoraggiato dalla Sua forza e le nostre paure salvate dalla Sua misericordia. Amen”.

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