Proseguono le catechesi del Papa sulla lettera a Galati: ecco come la grazia interviene in maniera inaspettata nelle nostre vite.
Mai dimenticare il modo in cui Dio è entrato nella nostra vita. Questa la raccomandazione di papa Francesco durante l’ultima udienza generale.
Tenendo la sua seconda catechesi del nuovo ciclo sulla lettera di San Paolo ai Galati, il Pontefice ha messo in luce la sollecitudine quasi paterna dell’apostolo, nei confronti di questo popolo.
Scrivendo ai Galati, Paolo ricorda loro “i rapporti trascorsi, il disagio per la lontananza e l’immutato amore che nutre per ciascuno di loro”. Al tempo mostra la sua preoccupazione perché essi “abbiano a seguire la giusta strada”.
L’intento di Paolo è molto chiaro: “è necessario ribadire la novità del Vangelo, che i Galati hanno ricevuto dalla sua predicazione, per costruire la vera identità su cui fondare la propria esistenza”.
Paolo è un profondo “conoscitore del mistero di Cristo” e “non segue le basse argomentazioni utilizzate dai suoi detrattori”. Piuttosto, “vola alto” e suggerisce vie d’uscita dai “conflitti all’interno della comunità”.
Di fronte alla diatriba suscitata intorno alla circoncisione, “Paolo sceglie la strada di andare più in profondità, perché la posta in gioco è la verità del Vangelo e la libertà dei cristiani, che ne è parte integrante”.
L’apostolo “non si ferma alla superficie dei problemi”, come fanno coloro che si limitano a soluzioni di “compromesso”. E mette subito in chiaro le cose: «Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!» (Gal 1,10). Ai Galati, quindi, Paolo ricorda “di essere un vero apostolo non per proprio merito, ma per la chiamata di Dio”.
Di seguito, l’apostolo rievoca la vicenda della sua conversione, prima della quale lui stesso si descrive come un feroce persecutore della “Chiesa di Dio”. In quella fase Saulo (non ancora Paolo) è un “fariseo zelante” e “irreprensibile” nell’osservanza delle leggi. Proprio per aver perseguitato la Chiesa, però, si riconosce come “bestemmiatore”, “persecutore” e “violento”.
La “misericordia di Dio”, poi, “lo porta a vivere una radicale trasformazione”. Da “persecutore dei cristiani perché non osservavano le tradizioni e la legge”, viene “chiamato a diventare apostolo per annunciare il Vangelo di Gesù Cristo”. La sua libertà di annunciare il Vangelo è la “libertà dei cuori” e la “libertà di Dio”.
Diventare apostolo di Cristo era quanto di più lontano potesse esserci nei piani di Paolo. Arriva però “qualcosa d’inaspettato”: Dio lo chiama ad essere “annunciatore in mezzo ai pagani”.
“Come sono imperscrutabili le strade del Signore! Lo tocchiamo con mano ogni giorno, ma soprattutto se ripensiamo ai momenti in cui il Signore ci ha chiamato”, ha commentato il Santo Padre.
“Non dobbiamo mai dimenticare – ha proseguito – il tempo e il modo in cui Dio è entrato nella nostra vita: tenere fisso nel cuore e nella mente quell’incontro con la grazia, quando Dio ha cambiato la nostra esistenza”.
A volte, viene da domandarsi: “Com’è possibile che Dio si serva di un peccatore, di una persona fragile e debole, per realizzare la sua volontà?”. Ciononostante, “tutto è stato preparato nel disegno di Dio”, che “tesse la nostra storia e, se noi corrispondiamo con fiducia al suo piano di salvezza, ce ne accorgiamo”.
Questa chiamata “comporta sempre una missione a cui siamo destinati” e che conduce ad una consapevolezza: “Il primato della grazia trasforma l’esistenza e la rende degna di essere posta al servizio del Vangelo”, ha quindi concluso il Papa.
Luca Marcolivio
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