Le parole della Sacra Scrittura non sono state scritte per restare “imprigionate” sulla carta, ma perché possano “germogliare” nel cuore di chi le ascolta.
Lo ha detto papa Francesco durante l’udienza generale, offrendo una riflessione sulla preghiera che scaturisce dalla meditazione delle Scritture.
Citando il Catechismo, il Santo Padre ha ricordato che “la lettura della Sacra Scrittura dev’essere accompagnata dalla preghiera affinché possa svolgersi il colloquio tra Dio e l’uomo” (n. 2653). La parola di Dio, quindi, “non può leggersi come un romanzo”, ha commentato.
Ogni versetto della Bibbia, “è stato scritto anche per me, secoli e secoli fa, per portarmi una parola di Dio”. A chiunque può capitare l’esperienza di trovare un passo della Scrittura che, “un giorno improvvisamente mi parla e illumina una situazione che sto vivendo”.
“Tutti i giorni Dio passa e getta un seme nel terreno della nostra vita”: starà all’uomo essere disponibile ad ascoltarla e a metterla in pratica. “Non sappiamo se oggi troverà un suolo arido, dei rovi, oppure una terra buona, che farà crescere quel germoglio (cfr Mc 4,3-9)”, ha detto il Pontefice. Emblematico è quanto affermava Sant’Agostino: “Ho paura del Signore quando passa”; ad intendere il “timore che non lo ascolti, che non mi accorga che è il Signore”.
Meditare le Sacre Scritture non significa cercare un “appoggio per la propria visione filosofica e morale”. Alla Bibbia, bisogna accostarsi “senza secondi fini, senza strumentalizzarla”. Il Papa ha quindi confidato: “A me dà un po’ di fastidio quando sento cristiani che recitano versetti della Bibbia come pappagalli”. Più della memoria mentale di un passo biblico, ha detto, conta “la memoria del cuore”, che “quel versetto porti all’incontro con il Signore”.
Le Scritture, allora, vanno lette perché esse “leggano noi”. La Bibbia non è stata scritta “per un’umanità generica, ma per noi, uomini e donne in carne e ossa, che anno nome e cognome”. E la Parola di Dio, impregnata di Spirito Santo, “quando è accolta con cuore aperto, non lascia le cose come prima. Questa è la grazia e la forza della Parola di Dio”.
Attraverso la tradizione della lectio divina, nata “in ambiente monastico” ma poi diffusasi anche tra i laici nelle “parrocchie”, si può imparare l’’“obbedienza” alla Scrittura. Obbedire significa innanzitutto ascoltare e interrogarsi su cosa quel passo biblico “dice a me”. Ciò, ha puntualizzato il Papa, rappresenta “un passaggio delicato: non bisogna scivolare in interpretazioni soggettivistiche ma inserirsi nel solco vivente della Tradizione, che unisce ciascuno di noi alla Sacra Scrittura”.
Ultimo passaggio della lectio divina è nella “contemplazione” e qui “le parole e i pensieri lasciano il posto all’amore, come tra innamorati ai quali a volte basta guardarsi in silenzio”. È come avere nel testo biblico “uno specchio” o “un’icona da contemplare”.
La vita cristiana, ha aggiunto il Papa, è opera, nello stesso tempo, di obbedienza e di creatività. Se l’obbedienza, come detto, sta nell’ascolto, la creatività è da cercare nello Spirito Santo che ci fa portare avanti la Parola. “Le Sacre Scritture sono un tesoro inesauribile – ha quindi concluso Francesco –. Il Signore ci conceda di attingervi sempre più, mediante la preghiera”.
Luca Marcolivio
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