La comunione dei Santi è più di quello che immaginiamo. Che cosa vuol dire la parola “devozione”? Papa Francesco offre una prospettiva inedita sulla quale meditare.
San Paolo e il Catechismo della Chiesa Cattolica indicano la via da seguire: un legame che va oltre la morte.
Conclusa la lunga serie di catechesi sulla figura di San Giuseppe, in occasione dell’udienza generale odierna, papa Francesco si è soffermato sull’“importante articolo di fede” rappresentato dalla “comunione dei santi”.
A tale riguardo, il Santo Padre ha subito messo in chiaro le cose: “A volte anche il cristianesimo può cadere in forme di devozione che sembrano riflettere una mentalità più pagana che cristiana”. Il riferimento è al fatto che “la nostra preghiera e la devozione del popolo fedele non si basa sulla fiducia in un essere umano, o in un’immagine o in un oggetto, anche quando sappiamo che essi sono sacri”.
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Persino quando ci si affida “all’intercessione di un santo, o ancora di più della Vergine Maria, la nostra fiducia ha valore soltanto in rapporto a Cristo”. Il legame che si instaura tra Lui e noi assume proprio il “nome specifico” di “comunione dei santi”. Non sono i santi, infatti, a “operare i miracoli” ma “soltanto la grazia di Dio che agisce attraverso di loro”, ha ribadito il Pontefice.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica identifica la comunione dei santi con la Chiesa stessa (cfr CCC n° 946), formata non da uomini “perfetti” ma da una “comunità di peccatori salvati”. La santità è quindi il “frutto dell’amore di Dio che si è manifestato in Cristo, il quale ci santifica amandoci nella nostra miseria e salvandoci da essa”.
San Paolo propone la metafora di Gesù come capo e del popolo di Dio come le membra (cfr 1Cor 12,12): un’immagine che dà l’idea della “comunione”, per cui se un membro soffre, ne soffrono tutte le altre membra, mentre se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui (1Cor 12,26-27).
Parimenti, ha sottolineato il Papa, “la gioia e il dolore che toccano la mia vita riguarda tutti, così come la gioia e il dolore che toccano la vita del fratello e della sorella accanto a noi riguardano anche me. In questo senso – ha aggiunto – anche il peccato di una singola persona riguarda sempre tutti, e l’amore di ogni singola persona riguarda tutti”.
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Il legame che si instaura tra membri della Chiesa è “talmente forte che non può essere rotto neppure dalla morte”, tanto è vero che la comunione dei santi coinvolge i vivi e i morti. “In Cristo nessuno può mai veramente separarci da coloro che amiamo; cambia solo il modo di essere insieme a loro, ma niente e nessuno può rompere questo legame”. Persino gli “apostati” e i “bestemmiatori” sono “a casa”, ha commentato Francesco.
La comunione dei santi si traduce in una “relazione di amicizia che posso costruire con un fratello o una sorella accanto a me” ma “anche con un fratello o una sorella che sono in Cielo”. Quando parliamo di “devozione”, ci riferiamo al fatto che “i santi sono amici con cui molto spesso intessiamo rapporti di amicizia”.
“Anche Gesù – ha proseguito il Santo Padre – aveva i suoi amici, e ad essi si è rivolto nei momenti più decisivi della sua esperienza umana”. In tutta la sua storia, la Chiesa ha sempre avuto un “legame fortissimo” con “Maria, Madre di Dio e Madre nostra” ma anche a “San Giuseppe”, la quale Dio ha affidato “le cose più preziose che ha: suo Figlio Gesù e la Vergine Maria”.
A conclusione della catechesi, il Pontefice ha rivolto una nuova preghiera a San Giuseppe a cui lui stesso è “particolarmente legato” e che recita “da molti anni” quotidianamente: “Glorioso Patriarca San Giuseppe, il cui potere sa rendere possibili le cose impossibili, vieni in mio aiuto in questi momenti di angoscia e difficoltà. Prendi sotto la tua protezione le situazioni tanto gravi e difficili che ti affido, affinché abbiano una felice soluzione. Mio amato Padre, tutta la mia fiducia è riposta in te. Che non si dica che ti abbia invocato invano, e poiché tu puoi tutto presso Gesù e Maria, mostrami che la tua bontà è grande quanto il tuo potere. Amen”.
Poco prima del congedo, un piccolo fuori programma. Dopo aver udito delle urla in fondo all’Aula Paolo VI, il Papa ha detto: “Non so se la persona che gridava, avesse un problema fisico o psichico”, comunque, “voglio finire pregando per questo fratello che soffre”; a lui Francesco ha dedicato un’Ave Maria.
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