Prima di congedare i pellegrini giunti ad ascoltarlo in Aula Paolo VI, per la consueta udienza del mercoledì, il Santo Padre ha lanciato un nuovo appello per la pace.
Proseguono le catechesi con una stilettata al “politicamente corretto” e un richiamo finale che fa riflettere.
Il ciclo di catechesi di papa Francesco sugli anziani nella Bibbia prosegue con il Cantico di Mosè. Si tratta del testamento spirituale del patriarca, che spira a centoventi anni, quando ancora «gli occhi non gli si erano spenti» (Dt 34,7).
Dio è fedele a un popolo infedele
Nel suo cantico, Mosè fa “memoria della storia vissuta con Dio, delle avventure del popolo che si è formato a partire dalla fede nel Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe”. Al tempo stesso, ricorda “le amarezze e le delusioni di Dio stesso: la Sua fedeltà messa continuamente alla prova dalle infedeltà del suo popolo”.
“La vitalità del suo sguardo è un dono prezioso: gli consente di trasmettere l’eredità della sua lunga esperienza di vita e di fede, con la lucidità necessaria”, ha detto il Santo Padre durante l’Udienza Generale, riguardo a Mosè.
“L’ascolto personale e diretto del racconto della storia di fede vissuta, con tutti i suoi alti e bassi, è insostituibile” e supera di gran lunga il “leggerla sui libri”, il “guardarla nei film” o il “consultarla su internet”. La testimonianza di fede di un anziano è una “benedizione insostituibile”, ha aggiunto il Pontefice.
A riguardo, Bergoglio ha attinto a un suo ricordo d’infanzia: “L’odio e la rabbia alla guerra l’ho imparata da mio nonno che aveva fatto il Piave nel 1914. Questo non si impara nei libri ma trasmettendolo dai nonni ai nipoti”. Oggi, però, si tende a considerare i nonni e gli anziani come “materiale di scarto”.
Per una storia non ideologica
“Nella nostra cultura, così politicamente corretta”, tuttavia, “questa strada appare ostacolata in molti modi: nella famiglia, nella società, nella stessa comunità cristiana”, ha osservato il Papa. “Qualcuno propone addirittura di abolire l’insegnamento della storia, come un’informazione superflua su mondi non più attuali, che toglie risorse alla conoscenza del presente”.
La testimonianza, ha proseguito Francesco, dev’essere “leale”, mentre “non è certo leale l’ideologia che piega la storia ai propri schemi; non è leale la propaganda, che adatta la storia alla promozione del proprio gruppo; non è leale fare della storia un tribunale in cui si condanna tutto il passato e si scoraggia ogni futuro”.
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In questo senso, la storia dei Vangeli è raccontata “onestamente”, senza occultare “gli errori, le incomprensioni e persino i tradimenti dei discepoli”.
Una fede viva non ‘libresca’
Il Santo Padre ha quindi posto un interrogativo: “quanto valorizziamo questo modo di trasmettere la fede, nel passaggio del testimone fra gli anziani della comunità e i giovani che si aprono al futuro?”. Una fede che si trasmette nel migliore dei modi “in dialetto”, cioè “nel parlato familiare, tra i nonni e i nipoti”.
Spesso nel “catechismo dell’iniziazione cristiana” si tende a trasmettere “accurate informazioni sui dogmi, sulla morale della fede e sui sacramenti”, mancando però una “conoscenza della Chiesa che nasca dall’ascolto e dalla testimonianza della storia reale della fede e della vita della comunità ecclesiale, dall’inizio fino ai giorni nostri”.
La vera “narrazione della fede” dovrebbe essere “come il Cantico di Mosè” e “la testimonianza dei Vangeli e degli Atti degli Apostoli”, quindi come “una storia capace di rievocare con commozione le benedizioni di Dio e con lealtà le nostre mancanze”.
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L’appello di papa Francesco ai governanti
Prima di congedare i pellegrini giunti ad ascoltarlo in Aula Paolo VI, il Santo Padre ha lanciato un nuovo appello per la pace in Ucraina. “Le notizie delle persone sfollate, delle persone che fuggono, delle persone morte, delle persone ferite, di tanti soldati caduti da una parte o dall’altra sono notizie di morte”, ha detto.
“Chiediamo al Signore della vita che ci liberi da questa morte, dalla guerra. Con la guerra tutto si perde, tutto, non c’è vittoria. Tutto è sconfitto. Il Signore invii il suo Spirito perché ci faccia capire che la guerra è una sconfitta dell’umanità” e “ci liberi da questo bisogno di autodistruzione”.
Il Pontefice ha quindi pregato che “i governanti capiscano che comprare armi non è la soluzione al problema. La soluzione è lavorare insieme per la pace, come dice la Bibbia, fare delle armi strumenti per la pace”.
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