Udienza Generale del Santo Padre La “comunione dei santi” esiste. Lo dimostra il fatto che “quando preghiamo, non lo facciamo mai da soli”.
È proprio alla preghiera dei santi che papa Francesco ha dedicato l’udienza generale di oggi. “Anche se non ci pensiamo – ha detto – siamo immersi in un fiume maestoso di invocazioni che ci precede e che prosegue dopo di noi”.
Una lunga tradizione dalla Bibbia fino a noi
La stessa Bibbia, ha proseguito il Santo Padre, è piena di preghiere che spesso “risuonano nella liturgia”, sulla scia di “antiche storie”, di “prodigiose liberazioni”, di “deportazioni e tristi esili”, di “commossi ritorni”, di “lodi sgorgate davanti alle meraviglie del creato”. Tutte “voci” che “si tramandano di generazione in generazione, in un continuo intreccio tra l’esperienza personale e quella del popolo e dell’umanità a cui apparteniamo”.
Le preghiere “buone” sono sempre “diffusive” e “si propagano in continuazione, con o senza messaggi sui social: dalle corsie di ospedale, dai momenti di ritrovo festoso come da quelli in cui si soffre in silenzio”. Le preghiere, ha sottolineato il Pontefice, “rinascono” ogni volta che “congiungiamo le mani e apriamo il cuore a Dio”.
Quando preghiamo “ci ritroviamo in una compagnia di santi anonimi e di santi riconosciuti che con noi pregano, e che per noi intercedono, come fratelli e sorelle maggiori transitati per la nostra stessa avventura umana”.
Un santo è qualcuno che ricorda Gesù Cristo
Grazie alla preghiera, “nella Chiesa non c’è un lutto che resti solitario, non c’è lacrima che sia versata nell’oblio, perché tutto respira e partecipa di una grazia comune”. I santi, infatti, sono sempre “non lontani da noi”: quando li “veneriamo”, essi “in mille modi diversi ci rimandano a Gesù Cristo, unico Signore e Mediatore tra Dio e l’uomo”. Un “santo” non può essere tale se “non rimanda a Gesù Cristo”. Un santo “fa ricordare Gesù Cristo” perché ha percorso una vita vissuta “come cristiano”.
Sono i santi a ricordarci che “anche nella nostra vita, pur debole e segnata dal peccato, può sbocciare la santità”. Non è un caso che il “primo santo canonizzato” sia stato un “ladro”: fu “direttamente Gesù a canonizzarlo” mentre entrambi morivano in croce (cfr Lc 23,42). A conferma che “non è mai troppo tardi per convertirsi al Signore, che è buono e grande nell’amore” (cfr Sal 102,8).
In Cristo si situa “una misteriosa solidarietà tra quanti sono passati all’altra vita e noi pellegrini in questa: i nostri cari defunti, dal Cielo continuano a prendersi cura di noi – ha affermato il Papa –. Loro pregano per noi e noi preghiamo con loro”.
La preghiera scioglie i conflitti
Il legame di preghiera tra noi e i santi lo sperimentiamo già nella “vita terrena”. “Il primo modo di pregare per qualcuno è parlare a Dio di lui o di lei – ha detto Francesco –. Se facciamo questo frequentemente, ogni giorno, il nostro cuore non si chiude, rimane aperto ai fratelli. Pregare per gli altri è il primo modo di amarli e ci spinge alla vicinanza concreta”.
Pregare per qualcuno può servire anche a “sciogliere il conflitto” che viviamo con qualcuno, prima che questo si trasformi in una “guerra senza fine”. Se nella vita, nonostante tutto, siamo ancora “capaci di perseveranza”, se “andiamo avanti con fiducia”, “più che ai nostri meriti”, lo dobbiamo “all’intercessione di tanti santi, alcuni in Cielo, altri pellegrini come noi sulla terra, che ci hanno protetto e accompagnato”. Ci sono, infatti, “uomini e donne” che “vivono in santità ma non lo sanno”: essi sono i “santi di tutti i giorni”, i santi “della porta accanto”.
Luca Marcolivio