Il Santo Padre deplora un atteggiamento assai diffuso tra i giovani, che denota un certo “disprezzo per la vita” e che disonora tutti noi.
Prosegue il ciclo di catechesi sugli anziani e la Bibbia in una piazza San Pietro gremita quasi come in era pre-Covid.
La fragilità che è propria dell’età anziana tende a “suscitare meno impressione” rispetto alle ferite e ai traumi impressi in chi è più giovane. Può “indurre negli altri una sorta di assuefazione, persino di fastidio”. Lo ha detto papa Francesco, introducendo l’udienza generale di oggi, la prima dell’anno tenutasi in piazza San Pietro.
Proseguendo il ciclo di catechesi sugli anziani nelle Sacre Scritture, il Santo Padre ha messo in luce i connotati dell’“amore discendente”, il quale “non ritorna sulla vita che sta dietro le spalle con la stessa forza con la quale si riversa sulla vita che ci sta ancora davanti”.
La “gratuità dell’amore” è qualcosa che i genitori “sanno da sempre” e che i vecchi “imparano presto”. La rivelazione, però, “apre una strada per una diversa restituzione dell’amore: è la via dell’onorare chi ci ha preceduto”.
In tal senso il quarto comandamento “Onora il padre e la madre” non va ristretto al solo ambito familiare ma esteso alle “generazioni che precedono, il cui congedo può anche essere lento e prolungato, creando un tempo e uno spazio di convivenza di lunga durata con le altre età della vita”.
La parola chiave è “onore”, che il Pontefice indica come una “bella declinazione dell’amore”. Quello stesso onore che viene tributato al “malato”, al “non autosufficiente” e che “viene a mancare quando l’eccesso di confidenza, invece di declinarsi come delicatezza e affetto, tenerezza e rispetto, si trasforma in ruvidezza e prevaricazione”.
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A volte, “la debolezza è rimproverata, e addirittura punita, come fosse una colpa”, fino a sconfinare con l’“irrisione” e l’“aggressività”. Tutto ciò, ha rimarcato il Papa, “può accadere persino fra le pareti domestiche, nelle case di cura, come anche negli uffici o negli spazi aperti della città”.
“Incoraggiare nei giovani, anche indirettamente, un atteggiamento di sufficienza – e persino di disprezzo – nei confronti dell’età anziana, delle sue debolezze e della sua precarietà, produce cose orribili”.
È un atteggiamento, ha detto Francesco, che “apre la strada a eccessi inimmaginabili”. Ci sono ragazzi che “danno fuoco alla coperta di un “barbone”, che “vedono come uno scarto umano”: atti del genere, “sono la punta di un iceberg, cioè del disprezzo per una vita che, lontana dalle attrazioni e dalle pulsioni della giovinezza, appare già come una vita di scarto”. Il disprezzo che “disonora l’anziano, in realtà, disonora tutti noi”, ha sottolineato Bergoglio.
Un brano della Genesi che esprime alla perfezione questo onore dei giovani verso gli anziani è quello in cui Noè “giace scomposto dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo” e i figli “per non farlo svegliare nell’imbarazzo, lo coprono delicatamente, con lo sguardo abbassato, con grande rispetto”.
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Di questi tempi, nonostante “le provvidenze materiali che le società più ricche e organizzate mettono a disposizione della vecchiaia”, ha commentato il Santo Padre, “la lotta per la restituzione di quella speciale forma dell’amore che è l’onore, mi pare ancora fragile e acerba”.
Il Pontefice ha incoraggiato i genitori ad “avvicinare i figli giovani agli anziani”, anche quando sono ormai “fuori di testa” o vivono in “case di riposo”. Gli anziani, ha ribadito, sono “l’onore della società”.
Il Papa ha quindi raccontato l’aneddoto di una sua visita a una casa di riposo, quando era arcivescovo di Buenos Aires. A una signora, cui il cardinale Bergoglio aveva domandato se i familiari la venissero a trovare, lei rispose: “Sempre!”. In realtà, in seguito un’operatrice puntualizzò: “Ha detto una bugia per coprire i figli, sono sei mesi che non vede nessuno”.
Quello di “scartare gli anziani”, ha ammonito Francesco, è un “peccato grave”. Eppure, il quarto comandamento ha una peculiarità: quella di indicare una ricompensa. Chi onora il padre e la madre avrà “una lunga vita”.
Gli anziani, ha aggiunto Bergoglio, “sono la presenza della storia, della mia famiglia”. Tutti dovremmo o avremmo dovuto dire: “Grazie a te, nonno e nonna, io sono vivo”, ha concluso.
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