Francesco esprime, la sua preoccupazione per le atrocità che sembrano non aver mai fine e rievoca la sua ultima visita pastorale, tessendo l’elogio del disarmo.
Come da tradizione, papa Francesco ha dedicato l’udienza generale al suo ultimo viaggio pontificio. La visita pastorale in Kazakhstan (13-15 settembre 2022) si è tenuta in occasione del settimo Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali.
Ascolto e rispetto, non “relativismo”
Dopo aver rinnovato i suoi ringraziamenti alle autorità politiche e religiose che hanno reso possibile il suo viaggio, il Santo Padre ha elogiato la disponibilità ad aver ospitato già sette congressi interreligiosi da parte di un Paese con soli trent’anni di indipendenza alle spalle.
“Questo significa mettere le religioni al centro dell’impegno per la costruzione di un mondo in cui ci si ascolta e ci si rispetta nella diversità – ha commentato il Pontefice –. Questo non è relativismo, è ascoltare e rispettare”.
Il Papa ha anche dato atto al governo kazako di “essersi liberato dal giogo del regime ateistico”, per poi proporre una “strada di civiltà che tenga insieme politica e religione, senza confonderle né separarle, condannando nettamente fondamentalismi ed estremismi”. Una posizione giudicata da Francesco “equilibrata e di unità”.
Un cammino lungimirante
Il Congresso dei capi religiosi tenutosi la scorsa settimana ad Al-Sultan ha anche “discusso e approvato” una “dichiarazione finale” che “si pone in continuità con quella firmata ad Abu Dhabi nel febbraio 2019 sulla fratellanza umana”.
Il Santo Padre ha interpretato questo “passo avanti come frutto di un cammino che parte da lontano”, iniziato con lo “storico Incontro interreligioso per la pace convocato da San Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986, tanto criticato da gente che non aveva lungimiranza”.
In questo cammino, il Pontefice ha sottolineato lo “sguardo lungimirante di San Giovanni XXIII e San Paolo VI” e di altri leader religiosi come “il Mahatma Gandhi”, così come dei “tanti martiri, uomini e donne di ogni età, lingua e nazione, che hanno pagato con la vita la fedeltà al Dio della pace e della fraternità”.
Un’alternativa alla follia della guerra nucleare
Venendo nello specifico della visita in Kazakhstan, il Papa ha rievocato l’incontro con le autorità politiche, con i rappresentanti della società civile e con il Corpo diplomatico, davanti ai quali ha “messo in risalto la vocazione del Kazakhstan ad essere Paese dell’incontro: in esso, infatti, convivono circa centocinquanta gruppi etnici e si parlano più di ottanta lingue”. Una “vocazione” che “è stata accolta e abbracciata come un cammino, che merita di essere incoraggiato e sostenuto”.
Francesco ha auspicato che il Kazakhstan possa proseguire il suo cammino verso una “democrazia sempre più matura”, prendendo atto di “scelte molto positive”, come quella della rinuncia alle “armi nucleari” e all’opzione per “buone politiche energetiche e ambientali”. Una scelta “coraggiosa”, in un momento in cui si rischia la “pazzia” della “guerra nucleare”.
Un “piccolo gregge” aperto allo Spirito Santo
Prendendo contatto con la realtà della chiesa kazaka, Bergoglio ha potuto incontrare una comunità cattolica numericamente esigua ma fatta di “persone contente, gioiose, con entusiasmo”.
Una condizione che “se vissuta con fede, può portare frutti evangelici: anzitutto la beatitudine della piccolezza, dell’essere lievito, sale e luce contando unicamente sul Signore e non su qualche forma di rilevanza umana”.
“Inoltre, la scarsità numerica invita a sviluppare le relazioni con i cristiani di altre confessioni, e anche la fraternità con tutti”. Un “piccolo gregge” ma “aperto, non chiuso, non difensivo, aperto e fiducioso nell’azione dello Spirito Santo, che soffia liberamente dove e come vuole”.
Dopo aver ricordato i “martiri di quel Popolo santo di Dio”, il Pontefice ha fatto riferimento alla celebrazione eucaristica conclusiva, tenutasi nel giorno della festa della Santa Croce. “In un mondo nel quale progresso e regresso si intrecciano – ha detto – la Croce di Cristo rimane l’ancora di salvezza: segno della speranza che non delude perché fondata sull’amore di Dio, misericordioso e fedele”.
Al momento dei saluti finali, il Papa è tornato sulla “terribile situazione della martoriata Ucraina”. Il cardinale Konrad Krajewski, Elemosiniere di Sua Santità, si è recato per la quarta volta sui luoghi di guerra, dove è anche sfuggito a un attentato.
“Ieri [Krajewski] mi ha telefonato, sta spendendo tempo lì, aiutando nella zona di Odessa nelle vicinanze – ha detto Francesco –. Mi ha raccontato del dolore di questo popolo, le malvagità, le mostruosità, i cadaveri torturati che trovano. Uniamoci a questo popolo così nobile e martire”.