È una situazione molto ricorrente e si rischia di perdere in un attimo tutto ciò che si è faticosamente costruito nel corso di anni.
Nel discernimento, i punti di partenza sono la preghiera, la conoscenza di sé stessi, il desiderio, il “libro della vita”, per arrivare alla consolazione e alla desolazione. C’è, però, un elemento che non va assolutamente trascurato, pena, l’azzeramento di tutte le “conquiste discernamentali” precedenti.
Senza vigilanza rischiamo di perdere tutto
All’udienza generale di oggi, nell’ambito di un ciclo di catechesi che ormai volge al termine, papa Francesco ha richiamato l’attenzione sull’atteggiamento della “vigilanza”.
Senza la vigilanza, il “guastafeste”, cioè il “Maligno”, rischia di “rovinare tutto, facendoci tornare al punto di partenza, anzi, in una condizione ancora peggiore”.
Nella sua predicazione, “Gesù insiste molto sul fatto che il buon discepolo è vigilante, non si addormenta, non si lascia prendere da eccessiva sicurezza quando le cose vanno bene, ma rimane attento e pronto a fare il proprio dovere”.
Gesù raccomanda di tenere “le vesti strette ai fianchi e le lampade accese”, come i servi che, nel Vangelo di Luca, attendono il rientro del padrone dalle nozze e devono farsi trovare svegli (cfr Lc 12,35-37).
“Si tratta – ha spiegato il Santo Padre – della disposizione d’animo dei cristiani che aspettano la venuta finale del Signore; ma si può intendere anche come l’atteggiamento ordinario da tenere nella condotta di vita”, di modo che il discernimento possa “proseguire in maniera perseverante e coerente e portare frutto”.
Il demonio si presenta “da gran signore”
La mancanza di vigilanza comporta un pericolo non “psicologico” ma “di ordine spirituale”, con l’“insidia dello spirito cattivo”, che tende i suoi agguati proprio quando andiamo “a gonfie vele”, con “il vento in poppa”, in definitiva “troppo sicuri di noi stessi”.
La parabola ascoltata oggi (Mt 12,44) all’udienza generale offre una metafora efficace: “Tutto è a posto, tutto è in ordine, ma il padrone di casa […] non c’è, è uscito, si è distratto; oppure è in casa ma addormentato”; di certo quel padrone non è stato “vigilante”, perché è “troppo sicuro di sé e ha perso l’umiltà di custodire il proprio cuore”.
Così facendo ha permesso allo “spirito cattivo” di “ritornare in quella casa”, peraltro in compagnia di «sette spiriti peggiori di lui» (v. 45), praticamente “una compagnia di malaffare, una banda di delinquenti”.
Com’è stato possibile questo? Ciò è accaduto nel momento in cui il padrone “si era innamorato troppo della casa, cioè di sé stesso, e aveva smesso di aspettare il Signore, di attendere la venuta dello Sposo”. Forse, per “paura di rovinare quell’ordine non accoglieva più nessuno, non invitava i poveri, i senza tetto, quelli che disturbano…”.
Questi demoni, che entrano in casa nel modo più inatteso, sono “demoni educati”, ognuno di loro si presenta “da gran signore”, “travestito da angelo” e ammalia con “parole cortesi”. Alla fine, però, “comandano loro”: la “mondanità spirituale va sempre per questa strada” e si rischia di “perdere tutto”.
Ognuno di noi, meditando sulla propria “storia personale”, può verificare che “non basta fare un buon discernimento e compiere una buona scelta” ma “bisogna rimanere vigilanti”: ciò, ha concluso il Papa, “è segno soprattutto di umiltà, che è la via maestra della vita cristiana”.