C’è un esame di coscienza che non riguarda esclusivamente l’ammissione dei nostri peccati ma è sicuramente utile a tenere lontani i nostri nemici peggiori.
Il vero discernimento richiede tanta preghiera e familiarità con Dio ma anche una buona dose di “conoscenza di se stessi”. Lo ha sottolineato papa Francesco, proseguendo il suo ciclo di catechesi durante l’udienza generale.
Conoscere se stessi? Non è difficile, ma…
Il discernimento, ha spiegato il Santo Padre, “coinvolge le nostre facoltà umane: memoria, intelletto, volontà, affetti”. Spesso, il mancato discernimento è dovuto al fatto che “non ci conosciamo abbastanza, e così non sappiamo che cosa veramente vogliamo”.
Alla base di tanti “dubbi spirituali e crisi vocazionali”, di solito, si riscontra “un dialogo insufficiente tra la vita religiosa e la nostra dimensione umana, cognitiva e affettiva”.
Il Pontefice ha menzionato una riflessione del teologo Thomas H. Green, secondo il quale l’ostacolo più grande al discernimento sta nel fatto che, non solo “non conosciamo sufficientemente noi stessi” ma nemmeno vogliamo “conoscerci per come siamo veramente”.
Conoscere se stessi, ha osservato il Papa, più che “difficile”, è “faticoso”: richiede un “paziente lavoro di scavo interiore”, una “capacità di fermarsi”, di “disattivare il pilota automatico”, per acquisire “consapevolezza sul nostro modo di fare, sui sentimenti che ci abitano, sui pensieri ricorrenti che ci condizionano, spesso a nostra insaputa”.
Anche le cose belle possono essere illusorie
Nel discernimento, vanno anche distinte le “emozioni” dalle “facoltà spirituali”. Un conto è dire “sento”, altro è dire “sono convinto”; dire “mi sento di…” è diverso da “voglio”, ha ricordato Francesco.
Lo sguardo su noi stessi può a volte essere “distorto” ed “accorgersi di questo è una grazia”. Molte “convinzioni errate sulla realtà, basate sulle esperienze del passato” rischiano di limitare la nostra libertà e mettere in gioco “ciò che davvero conta nella nostra vita”.
Del resto, “anche la vita spirituale ha le sue password”, le sue “parole chiave che toccano il cuore perché rimandano a ciò per cui siamo più sensibili”.
Il “tentatore”, ovvero il demonio, “conosce bene queste parole-chiave, ed è importante che le conosciamo anche noi, per non trovarci là dove non vorremmo”.
Non necessariamente la tentazione suggerisce “cose cattive”, spesso indica anche cose lecite ma attribuendovi un’“importanza eccessiva”, magari “cose belle ma illusorie, che non possono mantenere quanto promettono, lasciandoci alla fine con un senso di vuoto e di tristezza”.
Il “titolo di studio”, la “carriera”, le “relazioni” possono essere “in sé lodevoli”, ma “se non siamo liberi, rischiamo di nutrire aspettative irreali, come ad esempio la conferma del nostro valore”.
Riconoscere gli slogan fuorvianti
Per evitare “sofferenze più grandi”, è importante allora conoscere le “password del nostro cuore”, per proteggerci da chi usa “parole suadenti per manipolarci”, ma anche per “riconoscere ciò che è davvero importante per noi, distinguendolo dalle mode del momento o da slogan appariscenti e superficiali”.
A tal scopo, è di grande aiuto l’“esame di coscienza”, non riferito solamente ai “peccati” o finalizzato alla “confessione” ma, in senso più ampio, “la buona abitudine a rileggere con calma quello che capita nella nostra giornata, imparando a notare nelle valutazioni e nelle scelte ciò a cui diamo più importanza, cosa cerchiamo e perché, e cosa alla fine abbiamo trovato”.
“La preghiera e la conoscenza di sé stessi consentono di crescere nella libertà. Sono elementi basilari dell’esistenza cristiana, elementi preziosi per trovare il proprio posto nella vita”, ha quindi concluso il Papa.