Evangelizzare diventi, per ciascuno di noi, una vera e propria passione. È questo il filo conduttore delle udienze che Papa Francesco sta tenendo in questo periodo di Quaresima.
Oggi ha posto la sua attenzione su di un tema principale: cosa vuol dire essere veri discepoli di Gesù. Noi lo siamo realmente? O sono soltanto i consacrati a sentire “la chiamata” del Signore?
Francesco ci accompagna per mano a capire cosa vuol dire essere gli apostoli di Gesù. E lo fa con parole semplici ed esempi concreti.
Papa Francesco e il compito di evangelizzare
Portare la Parola e l’annuncio di Gesù a tutte le genti, soprattutto ai più lontani: questa è l’evangelizzazione. E, con il suo ciclo di catechesi scelte per questo tempo di Quaresima, Papa Francesco ci aiuta a capire la forza di questo termine al meglio.
Nell’udienza di questo mercoledì, l’attenzione del Pontefice è volta a chiarire un punto in particolare: cosa voglia dire, oggi, essere discepoli di Cristo. Tutti pensiamo che solo coloro che hanno ricevuto la chiamata, come i sacerdoti e i consacrati tutti, siano discepoli di Gesù. Ma non è così: anche i laici, proprio come i consacrati, hanno compiti diversi, ma una sola chiamata comune alla missione.
“Essere apostoli riguarda ogni cristiano” – afferma il Papa. Ed ognuno di noi è inviato per una missione, proprio come Gesù aveva fatto con i suoi discepoli all’inizio della sua predicazione. Francesco parte da un presupposto: “Gesù chiamò a sé quelli che voleva e li costituì come gruppo, attribuendo loro il titolo di apostoli, perché stessero con Lui e per inviarli in missione”.
“Ognuno di noi ha la propria chiamata”
Sia l’esperienza dei dodici Apostoli, quanto anche quella di San Paolo ci portano a guardare alle nostre scelte: “Tutto dipende da una chiamata gratuita di Dio. Dio ci sceglie anche per servizi che a volte sembrano sovrastare le nostre capacità o non corrispondere alle nostre aspettative. Alla chiamata ricevuta come dono gratuito bisogna rispondere gratuitamente” – spiega Francesco.
Gesù chiama proprio tutti, siano essi laici o consacrati. Ognuno di noi ha ricevuto una propria vocazione, che è il vero tesoro posto in noi. È come se Dio ha dato a ciascuno di noi un compito specifico all’interno della Chiesa, che ha un valore a se stante, diverso da quello dell’altro fratello che mi è accanto.
“Nel quadro dell’unità della missione, la diversità di carismi e di ministeri non deve dar luogo, all’interno del corpo ecclesiale, a categorie privilegiate” – avverte il Papa, perché questo è un rischio nel quale si incappa facilmente. La vita cristiana non è una promozione, perché “quello che è di sopra comanda gli altri perché è riuscito ad arrampicarsi, questo non è cristianesimo”.
Il Papa: “Tutti siamo a servizio degli altri”
A chi, molto spesso, si chiede se abbia più dignità nella Chiesa il sacerdote o il Vescovo, Francesco risponde chiaramente: “No… tutti siamo cristiani al servizio degli altri […] Tutti sono uguali, siamo uguali e quando una delle parti si crede più importante degli altri e un po’ alza il naso, così, sbaglia. Quella non è la vocazione di Gesù. La vocazione che Gesù dà, a tutti, ma anche a coloro che sembrano essere in posti più alti, è il servizio, servire gli altri, umiliarti”.
Da qui, l’invito del Papa a riflettere sul compito che ciascuno di noi ha e se siamo, davvero, apostoli di Cristo, secondo il suo insegnamento.