C’è una categoria di persone, più di altre vittime di ingiustizia e indifferenza. A loro Francesco ha dedicato l’ultima udienza generale, menzionando un passo evangelico che restituisce dignità e speranza.
Sono spesso oggetto, oltre che di abbandono, di truffe e di inganni. Persino i Salmi, quasi tre millenni fa, denunciavano tale malcostume e papa Francesco ne ha tratto spunto per una nuova catechesi.
Il Salmo 71, al centro della meditazione dell’Udienza Generale di oggi, è centrato “sulla forte tensione che abita la condizione della vecchiaia, quando la memoria delle fatiche superate e delle benedizioni ricevute è messa alla prova della fede e della speranza”, ha detto il Santo Padre.
Le occasioni “di abbandono, di inganno, di prevaricazione e di prepotenza, che a volte si accaniscono sull’anziano” vengono menzionate dal salmista, rivelandosi, a maggior ragione, “una forma di viltà nella quale ci stiamo specializzando in questa nostra società”.
Spesso, si apprendono notizie di “anziani che vengono raggirati senza scrupolo per impadronirsi dei loro risparmi; o che sono lasciati privi di protezione e abbandonati senza cure; oppure offesi da forme di disprezzo e intimiditi perché rinuncino ai loro diritti”.
Persino nelle famiglie avvengono tali “crudeltà” e tutto ciò è una delle tante manifestazioni “di quella cultura dello scarto che avvelena il mondo in cui viviamo”.
“La vecchiaia non solo perde la sua dignità, ma si dubita persino che meriti di continuare”, al punto che “siamo tutti tentati di nascondere la nostra vulnerabilità, di nascondere la nostra malattia, la nostra età, la nostra vecchiaia, perché temiamo che siano l’anticamera della nostra perdita di dignità”, ha affermato il Pontefice a nome di tutti gli anziani del mondo.
Un dramma che suscita una serie di domande: “Come mai la civiltà moderna, così progredita ed efficiente, è così a disagio nei confronti della malattia e della vecchiaia? E come mai la politica, che si mostra tanto impegnata nel definire i limiti di una sopravvivenza dignitosa, nello stesso tempo è insensibile alla dignità di una affettuosa convivenza con i vecchi e i malati?”.
L’anziano salmista citato oggi dal Papa “che vede la sua vecchiaia come una sconfitta, riscopre la fiducia nel Signore”. La sua invocazione “testimonia la fedeltà di Dio e chiama in causa la sua capacità di scuotere le coscienze deviate dalla insensibilità per la parabola della vita mortale, che va custodita nella sua integrità”.
In seguito, il salmista chiede a Dio di punire quanti cercano la sua rovina: “In effetti, la vergogna dovrebbe cadere su coloro che approfittano della debolezza della malattia e della vecchiaia”.
Nei Vangeli, Gesù “non respinge mai la preghiera di chi ha bisogno di essere aiutato”, pertanto gli anziani, “a motivo della loro debolezza, possono insegnare a chi vive altre età della vita che tutti abbiamo bisogno di abbandonarci al Signore, di invocare il suo aiuto”.
Il vero insegnamento della vecchiaia, dunque, è proprio quello dell’“abbandonarsi alle cure degli altri, a partire da Dio stesso”. C’è un “mistero della fragilità” che “la vecchiaia è in grado di rammentare in modo credibile per l’intero arco della vita umana”.
“Questo magistero apre un orizzonte decisivo per la riforma della nostra stessa civiltà”, ha detto Francesco, evocando “una riforma ormai indispensabile a beneficio della convivenza di tutti”.
“L’emarginazione – concettuale e pratica – della vecchiaia corrompe tutte le stagioni della vita, non solo quella dell’anzianità”, ha aggiunto, invocando infine: “Il Signore conceda agli anziani che fanno parte della Chiesa la generosità di questa invocazione e di questa provocazione. Per il bene di tutti”.
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