Papa Francesco durante il consueto appuntamento del mercoledì, ci accompagna per mano ad analizzare qual è il primo gesto pubblico che il Signore ha compiuto.
E cosa spinge la sua scelta di manifestarsi a tutti, dopo che, per anni, era stato a Nazareth senza farsi conoscere.
“Gesù è sempre in contatto con il Padre e con noi”. Ecco quali sono state le parole della catechesi di questa mattina del Santo Padre.
La prima manifestazione di Gesù
In un’aula Paolo VI piena di fedeli intenti ad ascoltare la sua catechesi, Papa Francesco ha incentrato la sua attenzione su quella che è stata la prima manifestazione pubblica di Gesù, che segue quella della sua Epifania, quando i Magi lo riconobbero Re e lo andarono ad adorare.
Si tratta del momento in cui riceve il Battesimo nel Giordano per mano di Giovanni il Battista. Il Pontefice ci spiega come Gesù “si sia mescolato fra la gente”, non si sia fatto largo perché più importante degli altri, non aveva bisogno di fare un gesto pubblico. Si è semplicemente mescolato fra la gente, senza lanciare messaggi ad effetto e, anche lui, si è fatto battezzare come tanti altri.
Dopo 30 anni che aveva trascorso a Nazareth, Gesù decide di rivelarsi al mondo battezzandosi come gli altri al Giordano. Questo è uno degli esempi verso il quale guardare quando si parla di zelo apostolico, come il Papa ci ricorda: “Gesù è in contatto col Padre nella preghiera e con tutta la gente per la missione, per la catechesi, per insegnare la strada al Regno di Dio. Se vogliamo rappresentare con un’immagine il suo stile di vita, non abbiamo difficoltà a trovarla: Gesù stesso ce la offre, parlando di sé come del buon Pastore”.
“Gesù ci dice come agire nel mondo”
Papa Francesco ci dice chiaramente che è Gesù ad “offrirci la chiave del suo agire nel mondo”. Come? Non prendendo le distanze da noi, anche se siamo peccatori, ma condividendo in modo totale la sua vita con ciascuno di noi. Gesù stesso, parlando poi della sua missione, ci dice che non è venuto per farsi servire (come dovrebbe fare un re), ma per servire, fino ad arrivare a dare la sua vita per noi.
“Ogni giorno, dopo la preghiera, Gesù dedica tutta la sua giornata all’annuncio del Regno di Dio e alle persone, soprattutto ai più poveri e deboli, ai peccatori e agli ammalati” – spiega Francesco. E questo è ciò che fa un pastore: non un lavoro, ma un vero e proprio modo di vivere, che Lui pienamente incarna.
“Gesù non fa qualcosa per noi, ma dà tutto: dà la vita per noi. Il suo è un cuore pastorale” – continua Francesco. E questo dovrebbe essere l’azione pastorale della Chiesa tutta. Il Papa ci invita a confrontarci con l’esempio del buon pastore datoci proprio da Gesù per porci anche delle domande: “Lo imitiamo abbeverandoci alle fonti della preghiera, perché il nostro cuore sia in sintonia con il suo?”.
Quando ci allontaniamo da Lui, il suo cuore piange
Gesù non ci lascia mai da soli, non permette mai che nessuno “s’arrangi da solo” – dice il Papa. Scoprire il nostro zelo apostolico è guardare proprio al buon pastore che, come spiega il Pontefice, esce per andare alla ricerca della pecora smarrita fino a quando non la trova e la riporta nel recinto: “Non dice: ‘Se n’è andata, colpa sua, affari suoi!”.
Quando qualcuno si allontana, il cuore di Gesù soffre e “mentre Dio piange, lo ama ancora di più […] Il Signore soffre quando ci distanziamo dal suo cuore” – dice Francesco – “[…] Magari seguiamo e amiamo Gesù da tanto tempo e non ci siamo mai chiesti se ne condividiamo i sentimenti, se soffriamo e rischiamo in sintonia con il suo cuore pastorale!” – conclude.