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Discorsi del Papa

Udienza generale, Papa | Perché la vecchiaia fa così paura?

Annebbiati dal mito dell’eterna giovinezza, non comprendiamo i doni che Dio ci fa con il passare degli anni. L’ultima catechesi di papa Francesco spiega il difficile passaggio, attingendo a un Vangelo molto noto.

Cosa significa “nascere dall’alto”? Questa espressione usata da Gesù con Nicodemo (cfr Gv 3,1-21) indica l’ingresso nel regno di Dio e la riconciliazione con lui. L’interpretazione di quel passo evangelico, tuttavia, è tutt’altro che scontata.

I dubbi di Nicodemo

Papa Francesco ha menzionato l’incontro tra Gesù e Nicodemo durante l’ultima Udienza Generale. Nicodemo, uno dei capi dei Giudei, è “tra le figure di anziani più rilevanti nei Vangeli”, ha ricordato il Santo Padre.

Egli va a incontrare Gesù “di nascosto” e “di notte” e dal loro colloquio “emerge il cuore della rivelazione di Gesù e della sua missione redentrice”. Gesù, infatti, afferma che Dio ha «tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (v. 16).

Quando Gesù spiega che per “vedere il regno di Dio” bisogna “nascere dall’alto” (cfr v.3) non intende affatto che occorra “ripetere la nostra venuta al mondo” in una sorta di “reincarnazione”. Ciò “svuoterebbe di ogni significato la vita vissuta, cancellandola come fosse un esperimento fallito, un valore scaduto, un vuoto a perdere”.

Nascere “dall’alto” comporta, piuttosto, “una generazione nello Spirito, un passaggio tra le acque verso la terra promessa di una creazione riconciliata con l’amore di Dio”.

Il falso mito dell’eterna giovinezza

Nicodemo, però, fraintende le affermazioni di Gesù, prendendo atto che, essendo ormai vecchio, “il sogno di una eterna giovinezza si allontana definitivamente” e che “la consumazione è l’approdo di qualsiasi nascita nel tempo”.

Secondo il Pontefice, “l’obiezione di Nicodemo è molto istruttiva per noi” e la si può rovesciare “alla luce della parola di Gesù, nella scoperta di una missione propria della vecchiaia”.

La tarda età, quindi, “non solo non è un ostacolo alla nascita dall’alto di cui parla Gesù, ma diventa il tempo opportuno per illuminarla, sciogliendola dall’equivoco di una speranza perduta”.

La nostra epoca e la nostra cultura – ha proseguito il Papa – che mostrano una preoccupante tendenza a considerare la nascita di un figlio come una semplice questione di produzione e di riproduzione biologica dell’essere umano, coltivano poi il mito dell’eterna giovinezza come l’ossessione – disperata – di una carne incorruttibile”.

Oggi, per molti versi, la vecchiaia è “disprezzata”, perché “porta l’evidenza inconfutabile del congedo di questo mito, che vorrebbe farci ritornare nel grembo della madre, per ritornare sempre giovani nel corpo”.

Francesco ha quindi smascherato il falso mito della sconfitta della morte, in attesa della quale “possiamo tenere in vita il corpo con la medicina e la cosmesi, che rallentano, nascondono, rimuovono la vecchiaia”.

Si tende a confondere, poi, il “benessere” con il mito dell’eterna giovinezza. A riguardo, Bergoglio ha citato quanto disse la “saggia attrice” Anna Magnani, quando, in camerino proposero di ritoccarle le rughe: “Tanti anni ci sono voluti per averle: non toccarle!”. Ciò che conta, ha aggiunto il Santo Padre “è il cuore, e il cuore rimane con quella giovinezza del vino buono, che quanto più invecchia più è buono”.

La tenerezza dei vecchi

La vita “nella carne mortale” è come “certe opere d’arte che proprio nella loro incompiutezza hanno un fascino unico”. Essa, però, è “uno spazio e un tempo troppo piccolo per custodire intatta e portare a compimento la parte più preziosa della nostra esistenza nel tempo del mondo”.

Noi possiamo, come spiega Gesù a Nicodemo, “entrare nel regno, con il passaggio dello Spirito attraverso l’acqua che rigenera”. Possiamo farlo, cogliendo i “segni” dell’amore evangelico di Gesù.

La vecchiaia è la condizione, concessa a molti di noi, nella quale il miracolo di questa nascita dall’alto può essere assimilato intimamente e reso credibile per la comunità umana”: questa condizione, ha sottolineato il Pontefice, può enfatizzare l’“amore per la destinazione finale” e la “bellezza unica” del cammino “verso l’Eterno”.

Non si può tornare, dunque, “nel grembo della madre, e neppure nel suo sostituto tecnologico e consumistico”. La vecchiaia è, piuttosto, un “tempo speciale per sciogliere il futuro dall’illusione tecnocratica di una sopravvivenza biologica e robotica, per aprirsi “alla tenerezza del grembo creatore e generatore di Dio”.

In conclusione, il Papa ha richiamato l’attenzione sulla “tenerezza dei vecchi”, in particolare dei nonni quando carezzano i nipoti: essa è una chiave per “capire la tenerezza di Dio che crea una strada per tutti noi.

Luca Marcolivo

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Luca Marcolivo

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