Papa Francesco nel corso dell’Udienza di mercoledì 16 febbraio, interroga i nostri cuori: mette bene in chiaro qual è l’identità della Chiesa, cosa significa farne parte e quale atteggiamento emerge in particolare oggi.
Il ciclo di catechesi proposto da Francesco si conclude con un impegno preciso per la Chiesa e per l’umanità. Traendo spunto dalla lettera apostolica Patris Corde, Bergoglio ha inquadrato definitivamente San Giuseppe nel ruolo di “custode”.
Protettore della Madre e del Figlio
San Giuseppe fu proclamato “patrono della Chiesa” nel 1871 dal beato papa Pio IX. Cosa sta a significare questo titolo? In occasione dell’udienza generale, papa Francesco vi ha dedicato l’ultima catechesi del ciclo su San Giuseppe, con cui ha approfondito il discorso avviato con la lettera apostolica Patris corde.
Il significato di “patrono della Chiesa” è rintracciabile innanzitutto nei Vangeli, a partire dal momento in cui Giuseppe prende con sé il Bambino e sua madre e fa ciò che Dio gli ha ordinato (cfr Mt 1,24; 2,14.21). “Risalta così il fatto che Giuseppe ha il compito di proteggere Gesù e Maria”, diventando “il loro principale custode”, ha osservato il Santo Padre.
Nel “piano di salvezza”, oltretutto, “non si può separare il Figlio dalla Madre”, la quale “«avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce» (Lumen gentium, 58), come ci ricorda il Concilio Vaticano II”.
La Chiesa non vive “intorno ai preti”
Gesù stesso “è venuto nel mondo in una condizione di grande debolezza”, necessitando “di essere difeso, protetto, accudito”. A tale scopo “Dio si è fidato di Giuseppe, come ha fatto Maria, che in lui ha trovato lo sposo che l’ha amata e rispettata e si è sempre preso cura di lei e del Bambino”.
Proteggendo Gesù e sua Madre, quindi, San Giuseppe si fa “custode della Chiesa”, intesa come “prolungamento del Corpo di Cristo nella storia”.
Il Bambino Gesù è colui che dirà: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Ogni persona “che ha fame e sete, ogni straniero, ogni migrante, ogni persona senza vestiti, ogni malato, ogni carcerato è il “Bambino” che Giuseppe custodisce”.
La “custodia” di San Giuseppe sulla Chiesa è anche uno sprone ad amarla e custodirla a nostra volta. “Viviamo un tempo – ha sottolineato il Pontefice – in cui è comune criticare la Chiesa, sottolinearne le incoerenze, i peccati, che in realtà sono le nostre incoerenze, i nostri peccati, perché da sempre la Chiesa è un popolo di peccatori che incontrano la misericordia di Dio”.
È opportuno, piuttosto, domandarsi se, “in fondo al cuore, noi amiamo la Chiesa. Infatti, solo l’amore ci rende capaci di dire pienamente la verità, in maniera non parziale; di dire quello che non va, ma anche di riconoscere tutto il bene e la santità che sono presenti nella Chiesa, a partire proprio da Gesù e da Maria”, ha aggiunto il Papa.
La Chiesa, in fondo, non è “quel gruppetto vicino al prete” che scorgiamo sullo sfondo degli oratori ma un gruppo universale di fedeli pronti a “sostenersi a vicenda”.
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Ultima preghiera a San Giuseppe
In conclusione, Francesco ha invitato nuovamente a chiedere l’intercessione di San Giuseppe, in particolare “nei momenti più difficili della vita vostra e delle vostre comunità”, invocandolo soprattutto dove “i nostri errori diventano scandalo”, dove “la persecuzione impedisce che il Vangelo sia annunciato”, dove “i mezzi materiali e umani scarseggiano e ci fanno fare l’esperienza della povertà”.
La preghiera finale recitata dal Santo Padre assieme ai fedeli giunti per l’udienza generale in Aula Paolo VI è quella riportata a conclusione della lettera apostolica Patris corde:
“Salve, custode del Redentore e sposo della Vergine Maria. A te Dio affidò il suo Figlio; in te Maria ripose la sua fiducia; con te Cristo diventò uomo. O Beato Giuseppe, mostrati padre anche per noi, e guidaci nel cammino della vita. Ottienici grazia, misericordia e coraggio, e difendici da ogni male. Amen”.
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