Come avvenne la nascita di Gesù a Betlemme? Tutti i Vangeli ne trattano, tuttavia, mettendo insieme i quattro racconti evangelici e rileggendoli alla luce delle profezie veterotestamentarie, si può vedere la solennità imminente, con una luce nuova.
C’è una virtù che più delle altre ci arriva dalla solennità del Natale: possiamo impararla osservando i personaggi che popolano il presepe, a partire dai pastori.
I pastori, ovvero i poveri che confidano in Dio
A tre giorni dal Natale, papa Francesco ha aperto l’Udienza Generale con uno sguardo a Betlemme, dove Giuseppe e Maria, appena arrivati, non trovano alloggio “e allora Maria è costretta a partorire in una stalla” (cfr Lc 2,1-7).
“Pensiamo: al Creatore dell’universo non fu concesso un posto per nascere!”, ha sottolineato il Santo Padre, evocando quando affermato dall’evangelista Giovanni: «Venne tra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto» (1,11).
La nascita del Messia, viene annunciata ai pastori da un angelo “messaggero di Dio”, mentre i Magi vengono guidati verso Betlemme da una stella, la quale “ricorda che Dio creò la luce (Gen 1,3) e che quel Bambino sarà “la luce del mondo”, come Egli stesso si autodefinirà (cfr Gv 8,12.46)”.
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Da parte loro, “i pastori personificano i poveri d’Israele, persone umili che interiormente vivono con la consapevolezza della propria mancanza, e proprio per questo confidano più degli altri in Dio”. Sono proprio i pastori “a vedere per primi il Figlio di Dio fattosi uomo, e questo incontro li cambia profondamente”.
I Re Magi: potenti ma umili
Il Pontefice ha quindi dedicato un’ampia digressione ai Re Magi, sulla cui identità i Vangeli non rivelano molto. È noto soltanto che provenissero “da un paese lontano dell’Oriente (si può pensare a Babilonia, all’Arabia o alla Persia del tempo)” e che si fossero “messi in viaggio alla ricerca del Re dei Giudei, che nel loro cuore identificano con Dio, perché dicono di volerlo adorare”.
I Magi rappresentano i “popoli pagani” che cercano Dio “e si mettono in cammino per trovarlo”. Rappresentano anche “i ricchi e i potenti, ma solo quelli che non sono schiavi del possesso”. La loro principale virtù è l’“umiltà”, che “ci spalanca all’esperienza della verità, della gioia autentica, della conoscenza che conta”.
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Proprio i Re Magi che erano “grandi secondo la logica del mondo”, si fanno “piccoli, umili, e proprio per questo riescono a trovare Gesù e a riconoscerlo”. Loro stessi “accettano l’umiltà di cercare, di mettersi in viaggio, di chiedere, di rischiare, di sbagliare”.
La grazia da chiedere davanti al presepe
Il Papa ha quindi esortato ogni fedele ad avvicinarsi al presepe e a farvi un “atto di adorazione”. Ha quindi posto simbolicamente davanti alla grotta di Betlemme i “poveri” e “tutti coloro che non hanno un’inquietudine religiosa, che non si pongono il problema di Dio, o addirittura combattono la religione, tutti quelli che impropriamente sono denominati atei”.
La visione di Gesù appena nato, ha aggiunto Francesco, dovrebbe sollecitare chiunque a chiedere “la grazia dell’umiltà”, senza la quale “non troveremo mai Dio” ma “soltanto noi stessi. Chi non ha umiltà – ha affermato Bergoglio – non ha orizzonti davanti ma solo uno specchio” con l’immagine di “se stesso”.
Solo Dio, infatti, può dare la “grazia dell’umiltà”. È Dio che ci ha “amati per primo” e questo è “il motivo della nostra gioia: sapere che siamo stati amati senza nessun merito, siamo sempre preceduti da Dio nell’amore, un amore così concreto che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”.
In conclusione, il Santo Padre ha rivolto i suoi auguri di Buon Natale a tutti i fedeli del mondo, con un auspicio per tutti: “Che ci sia la consapevolezza che Dio viene per me, che per accettare Dio ci vuole umiltà, la grazia di rompere lo specchio della superbia”.
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