Un ambulante Bengalese salva una ragazza attaccata dal Branco

Cosa deve aver passato in quei minuti di puro terrore, Gaia Guarnotta, una giovane livornese di 25 anni e fotografa di professione, abbiamo persino paura ad immaginarlo.

Mentre passeggiava, verso sera (nemmeno troppo tardi), alle 23:30, in una strada della suggestiva Firenze, 25 ragazzi ubriachi e balordi si sono avvicinati a lei e l’hanno circondata.

Gli urlavano contro degli insulti irripetibili e le sputavano addosso, nella più completa indifferenza dei passanti.

“(…) mi sono messa a piangere come una bambina, ero disperata perché quelli, che potevano essere miei coetanei, mi insultavano, mi minacciavano e mi tiravano addosso bicchieri di plastica (…). Qualcuno si divertiva a riprendermi con il telefonino. Sembravano indemoniati. Mi sono coperta il volto credendo ormai di essere sopraffatta. C’era gente che passava e non muoveva un dito per difendermi, forse non ci sono resi conto della situazione. Poi ho alzato la testa e del buio ho visto spuntare un uomo dagli occhi buoni. E ho pensato che se gli angeli esistono lui è uno di loro.”.

Per Gaia poteva davvero finire tragicamente, poiché in nessun modo avrebbe potuto difendersi dalla cieca violenza di quella gang improvvisata e armata delle peggiori intenzioni.

Stava per cedere alla disperazione, quando è arrivato un venditore ambulante di rose del Bangladesh, di nome Hossein. Passava di li per “motivi di lavoro, come tutti coloro che cercano le persone ben disposte a comprare un fiore, da regalare in segno di affetto.

Hossein non ci ha pensato due volte e si è avvicinato per difendere Gaia: “Ho visto quei ragazzacci e gli ho detto di levarsi di torno, perché altrimenti avremmo chiamato la polizia e per loro sarebbe finita malissimo.”.

Grazie a Dio, le intimidazioni dell’uomo hanno funzionato e, per il gesto generoso di un estraneo qualunque che per sopravvivere in un paese straniero vende fiori per le strade, Gaia ora poteva tornare alla serenità.

Hossein, poi, nel tentativo di tranquillizzarla, le ha regalato un fiore: “Io lo volevo pagare a tutti i costi, ma lui mi ha detto che non avrebbe accettato neppure un centesimo.”.

E non solo: “Io ero disperata, sotto choc. Lui mi ha tranquillizzato come se fossi sua figlia. Mi ha allungato un fazzoletto per asciugarmi le lacrime e mi ha accompagnato in un posto lì vicino dove mi ha offerto da bere e qualche stuzzichino, aspettando, per più di un’ora, che venisse un amico a prendermi.”.

Ora Gaia, tornata alla vita di tutti giorni, affida ai Social la sua brutta storia e il suo lieto epilogo, diffondendo anche la foro di Hossein, perché tutti sappiamo di quale grande gesto sia stato capace: “Gli ho detto che, siccome sono una fotografa, per ringraziarlo di avermi salvato, gli avrei fatto uno scatto. E quella foto l’ho poi messa su Facebook, raccontando la mia avventura e il suo coraggio.”.
“Ed ecco perché io dico che non si può giudicare una persona per il colore della pelle e per la nazionalità. La diversità, etnica e culturale, è una ricchezza. E la bontà e la cattiveria sono trasversali. Chi mi ha circondato quella sera erano ragazzi come me. Chi mi ha salvato forse è arrivato in Italia con un barcone.”.

Nelle parole di Gaia sono racchiusi tutti i pensieri che dovremo tenere a mente, quando qualcuno, che non ha avuto la fortuna di nascere in un Paese libero come il nostro (anche se con mille problematiche sociali irrisolte), ci chiede sostegno e magari qualche picciolo in più, per comprare da mangiare.

La violenza non è mai una questione di razza o di nazionalità; è piuttosto un problema di cultura e di educazione o diseducazione all’amore e al rispetto dell’altro.

 

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