Ti trasporta sulle sue note piene di amore incondizionato facendoti vibrare l’anima, e ti allarga il cuore per prepararlo ad accogliere un bambino, così piccolo, ma altresì così grande da essere riconosciuto come il Re dei Re. E il Santo autore del canto lo sapeva bene.
Un canto di Natale che non conosce tempo e ci raccontare di Gesù che viene al mondo.
L’inno a Gesù Bambino
È il canto di Natale, ed è nato dalla penna di uno dei Santi più amati de Sud Italia: Sant’Alfonso Maria de Liguori. Stiamo parlando di “Quanno nascette ninno”, scritto interamente in lingua napoletana nel dicembre del 1754.
Sant’Alfonso era a Ravello, in provincia di Salerno e lì compose questo testo sacro, dal quale è poi derivato il più celebre (perché in lingua italiana) “Tu scendi dalle stelle”. Ma come è nato questo canto? Era l’anno 1731 quando il sacerdote Alfonso De Liguori, ormai stanco, fu invitato dai suoi superiori a ritirarsi in un luogo dove poter riposare, pregare e riprendere le forze.
Santa Maria dei Monti a Scala: era questo il luogo dove Alfonso si ritirò. Lì dove vivevano solo pastori. Sembrava il posto ideale, quasi una trasposizione vivente di una Betlemme di secoli e secoli addietro. E fu proprio in questo posto che, il Santo, compose “Quanno nascette ninno”. Nata così, come un canto d’amore verso il Bimbo Gesù, ma nata soprattutto in dialetto napoletano, per far sì che quelle persone, dove il napoletano era la loro unica lingua, potessero comprenderne le parole ma, soprattutto il grande mistero d’amore e di fede lì raccontato.
Perché Sant’Alfonso scrive in dialetto napoletano
Sant’Alfonso conosceva bene i più poveri, i più lontani. Sapeva che non erano istruiti, ma conosceva anche che il loro cuore era grande, più aperto di tutti ad accogliere la venuta di Gesù. E a loro si rivolge, quando inizia a scrivere “Quanno nascette Ninno a Bettlemme. Era notte e pareva miezo juorno”, ovvero “Quando nacque il Bambino a Betlemme, era notte ma sembrava mezzogiorno”.
Un linguaggio semplice per loro, un canto fatto di strofe sa sette versi ciascuna, che si protrae a ritmo costante, quasi come fosse anche una ninna nanna per il bambino appena nato.
In origine il canto si chiamava “Per la nascita di Gesù”, nome con il quale nell’anno 1816 venne pubblicato. Sant’Alfonso è stato il primo a usare il napoletano per canti religiosi. Un canto all’interno del quale le prime strofe raccontano in modo generale la nascita di Gesù e come il mondo, a causa di questo evento particolare, si trasforma.
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Un linguaggio semplice: raccontare ai poveri la venuta di Gesù
Le strofe successive raccontano, invece, seguendo quanto è scritto nel Vangelo di Luca, l’annuncio degli Angeli ai pastori, i quali, dopo esser venuti a conoscenza della nascita di Gesù, s’affrettarono ad andarlo a trovare. Nelle strofe centrali, il testo si volge in prima persona e parla di pentimento dei propri peccati e di come, nonostante i sacrifici di Gesù, si continui a peccare.
Nelle ultime strofe, strettamente correlate con quelle precedenti, si sviluppa un contrasto tra la luce e le tenebre, seguito, poi, da una preghiera è rivolta alla Madonna.
Un canto che vale che non conosce tempo. Ve lo proponiamo di seguito:
Fonte video: youtube
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