Il video che segue, dura pochi secondi, ma sono sufficienti ad esporre un caso di bullismo.
In una scuola di Lecce, un ragazzo viene bullizzato da un compagno di classe.
Lo minaccia con una sedia, mentre lui rimane inerme, di fronte a tutti gli altri.
Ma, quei pochi secondi di video, messi in circolo su WhatsApp, hanno permesso alla madre del ragazzo, vittima di questi atti di violenza, di venire a conoscenza dei fatti e di denunciare tutto alla Procura.
Il video, infatti, girato da un altro compagno di classe, aveva proprio lo scopo di far cessare quelle angherie, da cui un ragazzo troppo introverso non sapeva difendersi, né ribellarsi.
Il fatto è accaduto in un Istituto tecnico della città, dove quei calci, insieme a tante altre offerse, da troppo tempo, stavano provando duramente la vittima, che solitamente aveva degli ottimi voti, fino all’inizio di questi atti di aggressione, perpetuati nei suoi confronti.
Ecco come lo descrive l’avvocato Giovanni Montagna, che si occuperà del caso: “E’ un ragazzo molto introverso, chiuso, ma che ha sempre avuto un brillante rendimento scolastico. Che da settembre, da quando sarebbero cominciati questi episodi, è invece calato notevolmente”.
Il ragazzo cominciava a chiedere di rimanere a casa, ma non aveva il coraggio di parlare ai genitori di quanto gli stesse accadendo. Da mesi, aveva dei lividi che non spiegava; da mesi gli toglievano la maglietta per pulire la lavagna.
Poi, il 7 Aprile, la madre ha ricevuto, su WhatsApp, il video dell’aggressione, inviatole da un amico del figlio, che ha voluto aiutarlo.
“Non è ancora chiaro quanti partecipassero alle vessazioni. Sarà il lavoro della Procura a cercare di fare chiarezza” -dice ancora l’avvocato- “nonostante la riservatezza della vicenda, che riguarda minori, abbiamo registrato una vasta solidarietà e un tempestivo intervento della scuola, dopo la nostra denuncia. Ci hanno assicurato che interverranno, aspettando di chiarire coinvolgimenti e responsabilità”.
E il capo della polizia, Franco Gabrielli, aggiunge: “Il bullismo è una forma di omologazione. Ci sono persone che si ritengono depositarie di un modo di essere e lo applicano in maniera prevaricante nei confronti di altri soggetti più deboli”; “non è il non rispetto delle regole, ma un’omologazione, che troppo spesso ci appiattisce, che troppo spesso crede che qualcuno sia depositario di una verità e di un comportamento che invece è effimero”.
Nel video si sente anche la voce di chi lo ha realizzato: “Sicuro che stai registrando?” -chiede qualcuno. “Sì” -risponde lui- “Così lo mettiamo a posto proprio”. “Ma a tutto io devo pensare?”.
Ed è così che ha aiutato l’amico più debole, mentre noi rimaniamo a riflettere sulla sua ultima domanda: “Ma a tutto io devo pensare?”, perché altri trovino il coraggio di denunciare.
Antonella Sanicanti
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