Si può vendere un organo del proprio corpo per comprare l’ultimo modello di iPhone? Qualcuno in rete ha lanciato messaggi come minimo ambigui al riguardo.
Una foto diventata virale sui social ha suscitato innumerevoli polemiche.
Ha fatto scalpore in Thailandia la controversa foto postata su Facebook che immortala tre giovani in una clinica estetica nel vicino Laos. Con la mano destra i tre esibiscono un iPhone 14, l’ultimo smartphone della Apple innalzato alla stregua di un trofeo. Con la sinistra sollevano invece la camicia rivelando un bendaggio insanguinato, a suggerire come ciascuno di loro abbia venduto un rene per permettersi il gadget “trendy”. A rendere il messaggio ancora più esplicito – nel caso ce ne fosse stato bisogno – provvede la titolazione del post: “Concordato per l’iPhone 14”.
In Thailandia l’ultimo modello di iPhone costa tra i 41.000 e i 45.000 baht (la moneta ufficiale thailandese). Un prezzo considerevole per un Paese dove le paghe più basse si aggirano attorno ai 9.000 bath al mese (circa 250 euro), per non parlare del Laos (meno di 3.000 bath al mese).
Un post diventato “virale”
Dal 10 settembre il post che suggerisce un espianto di organi in cambio dell’iPhone 14 è diventato virale in Thailandia. Qualcuno ha voluto minimizzare. Le cose in effetti sembrerebbe essere andate così: a postare la foto sarebbe stata una clinica di bellezza vietnamita (“Dr. Nith”, come testimonia il logo visibile sullo sfondo della foto) con base in Laos. Si tratterebbe di una “challenge” chiamata “kidney-for-iPhone 14” (che si può tradurre con “rene per iPhone 14”) lanciata dalla clinica per fare pubblicità gratuita al proprio marchio attraverso la messa in circolo di un “meme” da rendere “virale” in rete.
Una immagine scherzosa a scopo di marketing? Una parodia di cattivissimo gusto per ironizzare sul costo talmente esorbitante dell’ultimo prodotto della Apple da dover vendere un rene per procurarselo?
Così sembrerebbe. Ad ogni modo una scelta censurabile, frutto di un cinismo machiavellico che non si cura troppo di lanciare messaggi ambigui pur di pubblicizzare il proprio “brand”. Altri infatti hanno preso molto seriamente il meme per il fondato timore che possa produrre emulatori.
Il pericolo dell’emulazione
È intervenuto, tra gli altri, il dottor Sophon Mekthon, direttore generale del Centro per le donazioni di organi della Croce Rossa thailandese. Dopo aver ricordato che il traffico di organi è proibito, Mekhton ha definito «inappropriato suggerire la vendita di organi, specialmente per avere denaro per comprare un iPhone. È moralmente sbagliato e non etico».
Da tempo, spiega Asianews, in Thailandia infatti «va diffondendosi l’idea che l’acquisto di beni di lusso o trattamenti di chirurgia estetica possano concretizzarsi attraverso l’espianto di un rene» (valutato fino a 30 miila dollari sul “mercato” illegale degli organi).
E il guaio è che non si tratta nemmeno più di espianti dovuti a ragioni di sussistenza, ovvero per assicurare a sé stessi o alla propria famiglia di che vivere. Si tratta invece di quello che il sociologo Thorstein Veblen definiva «consumo ostentativo»: l’uso di merci, oggetti o vestiti per esibire il proprio status sociale, il grado di benessere raggiunto. Insomma, si ostenta uno stile di vita attraverso simboli e segni che indicano ricchezza. E che – particolare non trascurabile – invitano all’emulazione le classi meno agiate.
Del resto non sarebbe la prima volta che qualcuno vende un rene per procurarsi un iPhone. Nel 2019 il Corriere della sera ricordò il caso di Xiao Wang, il 17enne cinese condannato alla dialisi a vita dopo aver dato un rene per comprarsi appunto un iPhone e un iPad.
Il racket dei trafficanti di organi
La legge thailandese vieta la donazione di organi se non tra consanguinei e su base altruistica. Ma non è un mistero per nessuno la presenza di un lucroso racket criminale di trafficanti di organi che usano la Thailandia come base operativa e di transito, oltre che di snodo per i donatori, che spesso sono di provenienza cambogiana. Per non parlare degli espianti di organi forzati ai danni delle vittime di tratta, un fenomeno in aumento secondo i dati Unodc 2020.
C’è poco dunque da scherzare.
Tanto è vero che sul tema papa Francesco è intervenuto in più di una occasione. L’ultima è stata il 10 settembre scorso quando il pontefice, rivolgendosi alla Pontificia Accademie delle Scienze, ha menzionato il traffico di organi tra i «crimini contro l’umanità» e le «diverse forme di schiavitù» (insieme a lavoro forzato e alla prostituzione). Ma il «corpo umano – ha ribadito Francesco – non può essere mai, né in parte né nella sua interezza, oggetto di commercio!».