Il Porporato, prefetto della Congregazione per il Culto Divino, ha spiegato che il problema principale della Chiesa è la mancanza di vocazione di molti sacerdoti.
Da tempo ormai la Chiesa denuncia un preoccupante calo di fede nel suo popolo. Le motivazioni di questo abbandono dei valori cristiani sono molteplici: in parte bisogna imputare il calo della fede al modernismo, alla laicizzazione degli stati alla mancanza di una dovuta istruzione cattolica dei bambini, agli scandali legati ai sacerdoti, ma secondo il cardinale Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino, la causa principale è da attribuire alla errata comunicazione da parte dei sacerdoti stessi.
Secondo il prefetto, infatti, il principale ostacolo alla riconquista della fiducia (prima che della fede) dei cattolici è la mancanza di fede degli stessi sacerdoti, i quali, non credendo essi stessi al messaggio che diffondono, non sono in grado di comunicare il vero significato del verbo. In un intervista concessa al portale ‘Cathobel‘, il cardinale Robert Sarah ha ribadito questo concetto, portando come esempio il sacerdote di Torino che durante la messa di Natale ha sostituito il ‘Credo‘ con un canto: “La sfida è la fede. La fede è diminuita, non solo a livello del Popolo di Dio, ma anche tra i responsabili della Chiesa; A volte ci chiediamo se abbiamo davvero fede. A Natale, un sacerdote, durante la messa domenicale, ha detto ai suoi parrocchiani: ‘Oggi non reciteremo il Credo , perché non credo più’. Canteremo, al suo posto, una canzone che esprime la comunione tra noi”.
La notizia di quella decisione è stata subito diffusa sul web creando non poco malumore tra i fedeli della rete. Il clamore suscitato è stato tale da convincere il vescovo di Torino a richiamare il sacerdote per quella scelta anticonformista e impedirgli di effettuarla una seconda volta. Nel prosieguo dell’intervista il cardinale ha parlato del suo compito in qualità di prefetto della Congragazione per il Culto Divino: “Cerchiamo di far capire alla gente che la liturgia è un grande dono fatto ai cristiani, che devono preservare ciò che è sempre stato vissuto. Ci adattiamo al momento attuale, possiamo esprimerci e cantare nelle nostre lingue. L’inculturazione è possibile, ma devi capirla bene: non si tratta di inventare il cristianesimo con un trucco africano o asiatico … L’inculturazione sta permettendo a Dio di penetrare la mia cultura, lasciando che Dio penetri nella mia vita. E quando Dio penetra nella mia vita, non mi lascia indifferente, ma mi trasforma. È come l’incarnazione: Dio ha preso la nostra umanità, non per lasciarci uguali, ma per elevarci a Lui”.
Luca Scapatello
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