Il 24 marzo è la Giornata dei missionari martiri, e questo ci invita a fare luce su uno dei principali drammi della nostra epoca.
Anche nel 2020, infatti, un rapporto dell’agenzia Fides mette in chiaro che si è stabilito l’ennesimo record negativo, quello di vittime cristiane nel mondo. La giornata è particolarmente significativa anche per via del fatto che cade nella memoria liturgica di Sant’ Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo metropolita di San Salvador che nel 1980 venne ucciso mentre celebrava la Santa Messa.
La Giornata dei missionari nel giorno di Mons. Romero
Monsignor Romero è infatti un simbolo del nostro tempo dell’odio contro i cristiani e della fede in Gesù che supera ogni male del mondo e si innalza verso la benedizione del Signore che accoglie i suoi figli missionari in cielo, ricordati in questa giornata che ricorre tradizionalmente ogni anno, oggi giunto alla ventinovesima ricorrenza.
In questa occasione, il tema scelto da Missio Giovani – il settore giovanile della Fondazione Missio, nata nel 2005 come “organismo pastorale costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana al fine di sostenere e promuovere la dimensione missionaria della comunità ecclesiale italiana, con particolare attenzione alla missio ad gentes e alle iniziative di animazione, formazione e cooperazione tra le Chiese” – è “Vite intrecciate”.
Il missionario intreccia la propria vita con Cristo
In memoria dei missionari martiri si celebrerà una Giornata di preghiera e digiuno. La nota esplicativa della ricorrenza spiega che “il missionario intreccia la propria vita con Cristo e da qui parte per tessere nuove fraternità con i popoli e le persone che incontra nel suo ministero al servizio dell’annuncio del Vangelo, una scelta in nome di Cristo che può portare al dono di sé sulla Croce”.
Oggi il tema della missionarietà si intreccia inoltre con molte tematiche, questioni economiche, geopolitiche, culturali. La complessità crescente di una società sempre più globale e interconnessa, dove ogni angolo della terra è monitorato in ogni dettaglio, e dove allo stesso tempo però le diseguaglianze crescono in maniera molto significativa, chiama in causa la missione cristiana nella sua profonda radicalità, quella cioè di annunciare il messaggio di Cristo in ogni angolo della terra.
Una pagina tanto amara della cristianità quanto sempre presente
I missionari martiri rappresentano tuttavia una pagina tanto amara quanto onnipresente, nella storia della cristianità, fin dal primo momento. Oggi, però, questa piaga è sempre più dura. Gli ultimi dati raccolti dall’Agenzia Fides parlano di cifre da brividi. Nel 2020, nel mondo, sono stati uccisi 20 missionari. Si tratta 8 sacerdoti, 1 religioso, 3 religiose, 2 seminaristi, 6 laici. Di questi, il numero più alto, purtroppo da record, si registra in America, dove sono stati uccisi 8 missionari.
Se invece alziamo l’asticella temporale vediamo che negli ultimi venti anni, dal 2000 al 2020, sono stati uccisi nel mondo 535 operatori pastorali, di cui 5 vescovi. Un sacrificio dei martiri che “è il segno tangibile che la propagazione della fede non è una crociata, ma un abbraccio di culture, popoli e religioni, la totale disponibilità di sé verso l’ascolto e lo scambio reciproco, il soccorso verso chi è nel bisogno”, ha commentato ai media vaticani spiega Giovanni Rocca, segretario nazionale Missio Giovani.
Quando subentra l’odio il martire fa la sua comparsa nella storia
Il problema però è che, nel momento in cui in queste dinamiche di amore fraterno e profondo, “subentra l’odio, ecco che il martire fa la sua comparsa nella storia”. Un dramma a cui non ci si può abituare e che, in quanto cristiani e in quanto esseri umani di buona volontà, si è chiamati a testimoniare con forza, denunciandolo in ogni momento. Per la semplice ragione che martirio in odium fidei è “l’estrema conseguenza di una fede vera, umana e tangibile”, segno di un amore in Gesù che va oltre la morte e che continua anche qui, su questa terra, grazie all’opera dei fratelli in Cristo.
Le vite dei missionari martiri, infatti, come sottolinea lo stesso Rocca, non sono necessariamente vite segnate da gesti eroici ma anche solamente da “gesti grondanti di speranza vissuti nella quotidianità ordinaria”. Lo ha spiegato bene Papa Francesco nella sua terza esortazione apostolica Gaudete et exsultate, in cui invita il popolo cristiano alla santità dell’ordinario, e non tanto quella dei gesti eroicamente straordinari, ma ordinari, vissuti nella fede costante.
La santità missionaria del quotidiano che parla all’uomo di oggi
Si tratta quindi di una santità, e di una missionarietà, che parla all’uomo di oggi, mettendo in primo piano “una fedeltà sempre corrisposta a Dio, ad un amore capace di sconfiggere le tenebre e di attraversare la morte”. Un vero e proprio invito, insomma, a “riscoprire la bellezza che abita questo mondo”.
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In questa data cade però, oltre a quella di Monsignor Romero, un’altra importante ricorrenza che ha segnato le cronache ancora più recenti, addirittura dell’ultimo anno. Si sta parlando del “martirio della carità” di fratel Leonardo Grasso, a soli tre mesi dalla sua scomparsa drammatica, che oggi rivive nelle opere missionarie dei Camilliani in Sicilia, e che verrà commemorato nella stessa giornata in cui si ricordano i tanti sacerdoti che hanno perso la vita per inseguire la vocazione all’amore cristiano verso il prossimo, qualunque prossimo.
Una missionarietà nelle periferie esistenziali abbandonate
Fratel Leonardo era il superiore della comunità camilliana di Acireale, ucciso dagli stessi ultimi che ogni giorno soccorreva, proprio come don Roberto Malgesini a Como. Fratel Grasso era diventato religioso a 50 anni, e in poco tempo era diventato punto di riferimento per tanti emarginati che ogni giorno soffrono nelle strade delle città a causa dell’indifferenza di tanti uomini e donne.
Una parabola simile a quella di San Camillo, che aveva dedicato tutta la sua vita ad aiutare gli altri. Fratel Leonardo passò 25 anni della sua vita a servizio della “Tenda San Camillo”, una casa-famiglia che accoglie persone affette da Aids. Prima della sua morte, il 25 dicembre scorso. Anche questo significa essere missionari, di amore, carità, della parola del Signore. Un missionario martire nelle periferie esistenziali, inserito dalla Cei fra i venti martiri missionari del 2020 perché “ha dato la vita per testimoniare il Vangelo tra gli ultimi”. Oggi sarà anche la sua festa, come quella di tanti che ogni giorno donano la propria vita al Signore.
Giovanni Bernardi