La testimonianza di un uomo, arrivato a Medjugorje senza un motivo apparente. “Ero molto scettico”, sono le parole con cui inizia il suo racconto di vita, completamente stravolta da quel luogo benedetto.
La fede che va oltre i dubbi, le domande e le incertezze. Antonello decide di raccontare come la Madonna e Medjugorje hanno cambiato la sua vita.
Medjugorje ti cambia la vita
La storia che stiamo per raccontarvi è quella di Antonello, un uomo che a Medjugorje ha sentito che qualcosa dentro di sé era cambiato. Sì, c’era stato già in questo luogo mariano, ma non con la stessa consapevolezza. Una testimonianza che prende e va ascoltata tutta d’un fiato.
“Io ho iniziato ad andare a Medjugorje nel 1987 per caso, non so per quale motivo mi trovavo su quel pullman. Ma se dovessi mettere insieme gli eventi successi e le coincidenze, forse una risposta ora me la posso anche dare. Ero molto scettico” – con queste parole, Antonello inizia a raccontare il perché del suo andare a Medjugorje.
Una prima volta a Medjugorje, dove tutti consegnavano alla Madonna un qualcosa per se o per una preghiera ad un ammalato che portavano nel cuore, lui consegna altro. “Mi avevano chiesto, perché ce ne era la possibilità, di mettere nella stanzetta di Vicka (dove lei aveva quotidianamente l’apparizione con la Vergine) un qualcosa di un ammalato, da deporre ai piedi della statua di Maria. Io in quel momento, consegnai una busta con una schedina del Totocalcio. Questo è il modo con cui affrontai Medjugorje la prima volta” – racconta.
Lo schiaffo morale ricevuto da Maria
Una differenza abissale fra la prima e l’ultima volta in quella terra mariana: “Allora io mi sono preso, moralmente, uno schiaffone da Maria che porto ancora le cinque dita sul volto. Oggi, invece, mi sento ancora in cammino. Oggi ho ripreso, dopo i 19 anni, e mi sono dato anche una spiegazione. Ero a Medjugorje quel 26 giugno del 1991 quando nell’allora Jugoslavia scoppiò la guerra. Io ero lì con mia moglie con mia figlia […] Attraversammo tutta la Jugoslavia, che era in stato d’assedio, per rientrare in Italia, e da allora, io a Medjugorje non ci sono più tornato” – spiega Antonello.
Un momento di paura che poteva aver segnato il suo allontanamento da Maria. Ma forse non era così: “A Medjugorje si va per chiamata […] ma il rumore del mondo non permette, a volte, di ascoltare il Signore, che urla […] e probabilmente, io per 19 anni, questa chiamata non l’ho più ascoltata”.
C’è qualcosa, però, che ha segnato, in modo ancora più duro, la vita di quest’uomo: “Mi arrivò una telefonata in ufficio. Un medico mi disse […] che mi avevano diagnosticato un tumore maligno. Questa situazione l’ho presa sorridendo”.
La malattia e la paura di non farcela
Antonello così racconta quel periodo: “Quello che ho notato in questa situazione era la calma. Non mi ero agitato più di tanto, anche se quella sera, tornando a casa, avevo un pensiero più forte degli altri: “Antonello probabilmente ti devi preparare nel modo meno indegno possibile”. Però ho deciso anche che non avrei cambiato la mia vita”.
Il tumore, la morte: sono questi i pensieri che aleggiano nella mente di chi riceve queste notizie così tragiche. Come ha scritto nel suo libro, Antonello in qualche momento si è sentito come “un morto che cammina”, ma era una lotta che era solo all’inizio: “[…] Erano gli occhi degli altri che mi facevano sentire in questo modo”.
Ma dall’angolo più remoto del suo cuore, ecco riemergere qualcosa che c’era, ma che lui non pensava esser così forte: la fede. “La fede è un bellissimo dono […] un dono che io apro in continuazione e nel quale continuo a trovare dentro qualcosa di nuovo” – spiega con gioia.
Antonello: “Negli occhi degli ammalati ho visto Gesù”
Dopo l’operazione e i mesi di chemioterapia: “[…] Con la chemio si sta male, era un momento che io mi chiudevo nella mia camera. In questa camera pregavo, avevo aumentato il dialogo con Dio […] quando tu partecipi alla sofferenza di Cristo con la preghiera, perché stai pregando durante la sofferenza, Lui ti premia ed ho provato nelle sensazioni nel mio cuore che non racconterò mai” – confida – “Negli occhi degli ammalati, spesso velati dalle lacrime, ho incontrato Gesù Cristo. Ho visto la sofferenza e la speranza. Io ho avuto la fortuna di ritornare nel mondo ed è in quel momento che ho deciso che non dovevo star zitto ma che dovevo raccontare”.
Da lì, da quella camera dove pregava, che nascono i pensieri e il libro dove è raccontata la sua storia: “Il libro l’ho scritto durante il periodo della chemioterapia, quando ero chiuso nella mia camera, nel silenzio. La malattia ha questo pregio enorme: ti ferma e ti fa pensare”.
Chi vuole può ascoltare la sua testimonianza direttamente dalla sua voce, in questo video.