Una storia che vale la pena di raccontare e di conoscere, perché ci fa comprendere davvero che le vie del Signore sono infinte e, altrettanto infiniti, sono i progetti che Lui ha per ciascuno di noi.
Don Luca, oggi, è il coordinatore della cappellania del nosocomio di Cisanello, di Pisa. Ma la sua vicenda non si ferma al solo ministero sacerdotale. Alle spalle c’è molto di più, un qualcosa che lo lega proprio agli ammalati.
Tantissime sono le persone che, ogni giorno, frequentano quell’ospedale. Ma cosa c’entra Don Luca con tutti loro? Scopriamolo insieme.
Quella che stiamo per raccontarvi è una storia davvero particolare. La storia di un sacerdote, cappellano in ospedale, che si intreccia, però, con tutte quelle dei pazienti che sono lì ricoverati e dei tanti che passano per quel nosocomio. Lui si chiama Don Luca Casarosa, ha 64 anni ed è sacerdote dal 1983. E fin qui nulla di speciale, se non fosse stato che, come dicevamo all’inizio, la sua vita è pienamente intrecciata con quella di molti ammalati.
Don Luca, infatti, ha messo piede in ospedale la prima volta, anche lui per curarsi e, possiamo dire, che da allora non ne è più uscito. Dal 2009 è coordinatore della cappellania ospedaliera di Cisanello, di Pisa e, come racconta nella sua intervista al quotidiano Avvenire, abita ufficialmente nella foresteria dell’ospedale stesso.
Una storia che prende il cuore
È più semplice, come racconta Avvenire, trovare don Luca in corsia piuttosto che nella foresteria. Lo si può trovare anche al pronto Soccorso, dove non fa mai mancare una parola di conforto quanto agli ammalati in attesa, quanto ai loro familiari. E la stessa cosa accade per coloro che sono in corsia o in degenza.
Anche durante la pandemia, don Luca era lì e ne ha visti di passare di contagiati fra il 2020 e il 2021. Più di 2000 le persone che sono transitate per l’ospedale e, specie per coloro che purtroppo non hanno vinto la loro battaglia contro il Covid, don Luca li ha accompagnati per mano, dando loro una parola di conforto, accompagnandoli all’incontro e all’abbraccio con il Signore.
“Mi sono chiesto mille volte: Gesù cosa avrebbe fatto al posto mio, se non rispondere, ogni volta “Eccomi”? Il nostro Dio è il Dio della compassione, della consolazione” – ha spiegato don Luca. E confida anche: “Malato tra i malati, ho sperimentato in prima persona la sofferenza, la solitudine, i continui giudizi che mi hanno fatto conoscere il baratro della disperazione. Nonostante questo inferno, ho potuto sperimentare che anche le pozzanghere possono far vedere il cielo”.
Nel cuore e nell’animo di don Luca è successo qualcosa di grande, di straordinario che gli ha permesso di capire qual era la sua vera vocazione, il suo perchè nel diventare sacerdote e in che modo avrebbe potuto servire gli altri. Ed è stato proprio durante il periodo della pandemia Covid che ha compreso a pieno che il suo posto era quello di stare lì con gli ammalati, confortarli, supportarli, dar loro la mano e far sentire pienamente la presenza di Cristo vicino ed in mezzo a loro.
Don Luca e la sua missione in ospedale
Don Luca ha deciso di raccontare la sua esperienza di cappellano in ospedale e non solo, all’interno di un libro, dal titolo “Il cielo in una pozzanghera”: qui vi narra la sua missione di prete impegnato in ospedale, quanto anche la sua personale esperienza. Un libro che non è rimasto ad appannaggio di pochi. Anche Papa Francesco ha avuto l’onore di leggerlo e di apprezzare pienamente, quanto la sua testimonianza di sacerdote quanto anche l’aiuto fraterno che dà a tutti gli ammalati e a tutti i sofferenti.
Per Don Luca è quasi come una cosa normale, di tutti i giorni, portare conforto e parole di speranza a chi è in ospedale: “Un aspetto di cui dovrebbero tener conto anche gli operatori sanitari, che nel loro percorso di formazione professionale dovrebbero essere aiutati a tenere insieme l’elemento professionale con quello etico” – conclude nella sua intervista.