La distribuzione dei vaccini richiede l’attuazione della “catena del freddo”, ovvero la conservazione durante tutte le fasi della logistica. Ma i dubbi sembrano molti.
Già in Germania pare che sotto questo aspetto, che concerne tanto lo spostamento quanto l’immagazzinamento delle fiale, ci siano stati parecchi problemi. Almeno un migliaia di dosi pare che siano state esposte a temperature molto più alte di quelle richieste, rendendo il farmaco di fatto inefficace.
Vaccini: i problemi avuti in Germania ci saranno anche in Italia?
Molti cominciano a domandarsi se lo stesso problema possa verificarsi anche in Italia. Luca Lanini, professore di Logistica all’Università Cattolica di Piacenza e membro del comitato scientifico del Freight Leaders Council, ne ha parlato sul quotidiano online Il Sussidiario- I dubbi esposti dal professore, purtroppo, sono pochi e non di poco conto. Lanini, infatti, con realismo ha spiegato chiaramente che quella della catena del freddo “è una filiera molto difficile da gestire”.
Nei vari passaggi, infatti, il più delicato è certamente quello che riguarda il momento in cui i box contenenti le fiale vengono scaricati dal furgone e aperti. Le regole diffuse dall’azienda produttrice, la Pfizer, stabiliscono in pochissimi secondi il tempo limite di apertura di questi box. Al massimo, in pochi minuti. Ma nel momento in cui i box più grandi vengono suddivisi in micro-box, al fine di utilizzare gruppi di 100, 200 o 300 dosi, allora il problema si pone in maniera concreta.
Un’operazione che va effettuata in pochissimi secondi
Questo tipo di operazione, infatti, va effettuata nella maniera più rapida possibile, utilizzando scatole riempite di ghiaccio secco. Solo così si può garantire la catena del freddo, portando il vaccino fino al frigorifero dell’ospedale o della Rsa, che a loro volta dovranno avere frigoriferi capaci di garantire temperature di -80 gradi.
Il fatto che però i vaccini non possano essere mai esposti a sbalzi di temperatura rende il tutto molto complesso, e in ogni passaggio il rischio di “rottura di carico” è molto alto. Compreso l’ultimo, quello in cui i vaccini vengono inseriti nei frigoriferi finali, prima della somministrazione vera e propria, senza senza sbalzi termici. La vaccinazione, infatti, deve avvenire subito sul paziente. Nel momento in cui si estraggono le fiale queste devono essere preparate in pochi secondi, altrimenti l’efficacia ne viene minata.
Il rischio che i vaccini non abbiano alcuna efficacia
I pazienti in attesa di essere vaccinati devono cioè essere pronti, e non possono sottostare, ad esempio, a lunghe file per l’attesa. Per questo, spiega l’esperto, la somministrazione dovrebbe avvenire in pochissimi punti, al fine di garantire che venga eseguita correttamente. Il problema finale, però, messo in luce dall’esperto, è che per garantire tutto ciò c’è bisogno di un preciso e dettagliato piano operativo. Cosa che attualmente pare non sembra affatto essere stato messo in campo dal Governo italiano.
“Più passano i giorni, più si rischiano interruzioni e più diventa complicato e pericoloso gestire le rotture di carico”, spiega. “Il tempo di consegna, impostato a monte, per arrivare a valle deve essere studiato in totale sincronia. E’ la regola della logistica, perché senza fluidità è molto probabile incappare in strozzature a valle”. Il rischio di cui parla l’esperto riguarda cioè la distanza che può esserci tra i tempi immaginati in un primo momento per la consegna, e gli incidenti che possono verificarsi durante il tragitto, che tuttavia sono molto però probabili e rischiano di compromettere notevolmente l’efficacia del vaccino.
Sicurezza e altri problemi: dalle istituzioni nessun piano
Senza contare anche il fatto che, conclude l’esperto, anche “la security è una preoccupazione, perché ogni furgone della Pfizer che parte da Puurs viaggia con un carico che vale 600mila euro”. Anche qui, c’è “l’impressione che non esista ancora un piano dettagliato in tal senso”.
“Diciamo così: il masso della campagna vaccinale ha cominciato a rotolare a monte e non si può più fermare, ma non abbiamo ancora disegnato la pista su cui farlo scendere a valle”.
Giovanni Bernardi