Nel Vangelo di oggi, 16 settembre, Gesù resta colpito dalla fede del centurione, che non ha alcun dubbio che il Divin Maestro guarirà il suo servitore.
Nel Vangelo di oggi, 16 settembre, il centurione si presenta al cospetto di Gesù, chiedendogli di guarire il suo servo, malato e sul punto di perdere la vita. Gesù si offre di andare a casa sua, ma è qui che il centurione fa un gesto inaspettato. Non si sente degno di accogliere Nostro Signore nella sua casa, ma si fida totalmente della sua Parola. Non ha dubbi, e questo colpisce molto Gesù.
Allo stesso modo, anche noi dovremmo avere una fede incrollabile come quella del centurione. Essa è un esempio di come dovremmo comportarci di fronte a molte situazioni.
Lunedì della 24.ma settimana del tempo ordinario
In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: «“Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.
Parola del Signore.
Lode a Te o Cristo.
Forse il riconoscimento più commovente della povertà della nostra preghiera è fiorito sulle labbra di quel centurione romano che un giorno supplicò Gesù di guarire il suo servo malato (cfr Mt 8,5-13). Egli si sentiva del tutto inadeguato: non era ebreo, era ufficiale dell’odiato esercito di occupazione. Ma la preoccupazione per il servo lo fa osare, e dice: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito» (v. 8). È la frase che anche noi ripetiamo in ogni liturgia eucaristica. Dialogare con Dio è una grazia: noi non ne siamo degni, non abbiamo alcun diritto da accampare, noi “zoppichiamo” con ogni parola e ogni pensiero… Però Gesù è la porta che ci apre a questo dialogo con Dio. Questa vicinanza di Dio che ci apre al dialogo con Lui. Un Dio che ama l’uomo, noi non avremmo mai avuto il coraggio di crederlo – come mai Dio ama me? – se non avessimo conosciuto Gesù. La conoscenza di Gesù ci ha fatto capire questo, ci ha rivelato questo. (Udienza generale, 3 marzo 2021)
fonte: vaticannews.va.it
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