“E’ lui quell’Elia che deve venire”: Nel passo del Vangelo di oggi Gesù spiega ai discepoli come i grandi profeti siano spesso perseguitati dall’uomo, invece di essere riconosciuti come tali.
Per fare capire a cosa si riferisce, il Messia spiega che anche il più grande dei profeti partoriti da donna, San Giovanni Battista, non è stato accolto.
Al popolo d’Israele è stato profetizzato l’avvento del Messia, colui che avrebbe portato alla salvezza. Gli israeliti, però, avevano male interpretato quel segno, poiché pensavano che il prescelto avrebbe condotto a ricchezze e potere, o sconfitto chi affliggeva il popolo. Il messaggio salvifico di Gesù, come quello di Giovanni Battista prima di lui, invitava alla conversione e al battesimo per essere purificati dal peccato. La salvezza che davvero conta, infatti, non è quella dall’oppressore di turno, ma quella dell’anima, che può essere ottenuta solo riconoscendo il Messia e incamminandosi sulla retta via.
Dal Vangelo secondo Matteo (11, 11-15): “In quel tempo, Gesù disse alle folle: «In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elìa che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!»”.
Gesù conferma alle folle dinnanzi a lui che Giovanni Battista è stato un grande profeta, l’Elia che tutti stavano attendendo. Ciò nonostante la gente di quel tempo ha rifiutato il suo messaggio di salvezza, ed invece di ascoltarlo lo ha punito. Tale affermazione gli serve per lanciare un attacco contro i dotti ed i regnanti del tempo, i quali si sono impadroniti della legge divina e del diritto di interpretarla. Così facendo hanno solo favorito la propria posizione, ma hanno ostacolato il popolo dal rispondere alla giusta chiamata di Giovanni Battista alla conversione.
D’altronde il profeta aveva annunciato la venuta del Cristo e le loro due vite sono strettamente legate. Così come legata è la loro sorte. Proprio per l’incapacità dei dotti di comprendere il disvelamento del progetto divino di salvezza, Gesù verrà condannato a morte. Troppo spesso la vanità e l’egoismo dell’uomo piegano alle esigenze terrene anche la cosa più sacra. La razionalità di cui il dotto si fa portatore non è in grado di far riconoscere il piano divino, per quello c’è bisogno di umiltà e dell’accettazione dello Spirito Santo. Chiediamo dunque a Dio di donarci l’umiltà e la capacità di riconoscere gli inviati di Dio attraverso il suo Spirito.
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Luca Scapatello
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