Nel passo del Vangelo di oggi, Gesù risponde ai propri accusatori e spiega che a testimoniare la sua natura divina sono i profeti che lo hanno preceduto.
Con durezza il Messia dice inoltre che non sarà lui ad accusare davanti a suo Padre chi non lo accoglie, ma lo fa già la Legge di Mosè a cui sono così legati.
Gesù parla a tutti quegli giudei che ascoltando le sue parole e vedendo i miracoli compiuti non lo riconoscono come Messia. A loro spiega che lui non deve testimoniare loro la sua natura divina, lo ha fatto per lui Giovanni, ma lo hanno fatto precedentemente i testi sacri, dove sono contenute le profezie che parlano del suo arrivo. Il suo compito è quello di portare la salvezza, rendere edotti tutti quanti che c’è una possibilità di cancellare il peccato originale e garantirsi l’ingresso nel Regno dei Cieli. Chiunque non lo riesca a capire, chiunque lo rifiuti dovrà vedersela con il Padre Eterno quando sarà il momento. Non sarà lui ad accusarli, ma quelle stesse leggi e quello stesso Mosè a cui ritengono di credere.
Dal Vangelo secondo Giovanni (5, 31-47): “In quel tempo, Gesù disse ai Giudei:
«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera.
Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio? Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».
Cosa ci insegna il Vangelo di oggi?
I giudei chiedono a Gesù prove certe, inconfutabili, delle sua natura divina. Lui risponde che non può dare prova diretta di ciò, visto che se fosse lui a dare testimonianza non se ne potrebbe appurare la veridicità. Si affida allora a Giovanni Battista, alle Sacre Scritture e a Mosè. La dottrina di cui si fa portatore e le sue opere (i miracoli compiuti), letti alla luce dei testi sacri e delle parole di Mosè dovrebbero bastare a testimoniare la sua messianicità. Cosa impariamo da questa risposta? Non possiamo conoscere Gesù se non conosciamo le Sacre Scritture, leggiamo dunque la Bibbia per un incontro consapevole con Cristo.
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Luca Scapatello