“Distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione”. Nel passo del Vangelo odierno, Giovanni racconta di come i Sacerdoti fossero preoccupati che i romani distruggessero il tempio e la nazione.
Le opere compiute da Cristo, infatti, stavano attirano l’attenzione del popolo che, sotto la sua guida, avrebbe posto problemi all’ordine costituito.
La resurrezione di Lazzaro dalla morte dopo quattro giorni aveva dimostrato anche ai più scettici che Gesù aveva un potere fuori dal comune. In molti ormai cominciavano a pensare che questo profeta altri non fosse che il Messia tanto atteso. Proprio l’aumento delle persone che lo considerava il Figlio di Dio in terra è ciò che preoccupava i sacerdoti. Come avrebbero reagito i romani ad un popolo che seguiva un leader che non rispettava il protettorato di Roma? Questo avrebbe di certo portato ad un’invasione con i centurioni ed alla fine delle libertà fino allora concesse ai Giudei. La soluzione, dunque, apparve loro semplice: bisognava uccidere Gesù.
Dal Vangelo secondo Giovanni (11, 45-56)
In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto, [ossia la risurrezione di Làzzaro,] credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinèdrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!».
Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli.
Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?»
La mancanza di fede dei farisei e dei sacerdoti li porta a non giudicare la resurrezione di Lazzaro per quello che è: un segno della natura divina di Gesù. Ad essi interessa solo il fattore politico, la sicurezza dello stato Giudaico e quello della loro posizione di potere. Sono convinti che la nuova dottrina porti il popolo a non rispettare le leggi imposte da loro e a loro da Roma. La soluzione che escogitano, dunque, è l’esecuzione di Gesù, il rinnegamento del Messia.
Uno schema, quello di soffocare la libera diffusione e manifestazione della religione, che dopo quella prima volta, si è ripetuto spesso nei secoli. Si pensa che attraverso l’uccisione dell’uomo simbolo si possa uccidere l’intero culto, la vera fede. Così non è: lo dimostra la resurrezione di Gesù tre giorni dopo la sua morte, lo dimostra il fatto che dopo 2000 anni e passa di attacchi la Chiesa e i cristiani sono ancora più forti di prima. Continuiamo a difendere il nostro credo da tutti gli attacchi, dimostrando ai detrattori che insieme a Cristo niente può distruggere la fede.
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Luca Scapatello
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