Trattando uno dei grandi dilemmi che assillano la Chiesa in questi anni, papa Francesco ha fatto due passi avanti e uno indietro.
Il Santo Padre, come fa ormai da dieci anni, non ha lesinato di affrontarlo in due interviste, scatenando molte discussioni anche questa volta.
A distanza di pochi giorni dalla prima intervista, sono arrivate nuove dichiarazioni di Bergoglio, ancora una volta ad un giornale argentino.
In Curia, già preti sposati
L’11 marzo scorso, a colloquio con le testate argentine La Nación e Infobae, rispondendo al giornalista che gli domandava se derogare sul celibato sacerdotale possa favorire le vocazioni, il pontefice ha risposto: “Credo di no”.
Ciononostante, è rimasto possibilista su questa ipotesi: il celibato sacerdotale, ha detto, è una “prescrizione temporanea”, che “non è eterna come l’ordinazione sacerdotale” e che coinvolge solo la Chiesa latina, dal momento in cui alcune chiese orientali (es. quella maronita libanese), permettono ai preti di sposarsi. A riguardo ha aggiunto: “anche in Curia ne abbiamo uno, l’ho incrociato oggi stesso, ha la moglie, il figlio…”.
Fin qui si tratta di considerazioni oggettive e inconfutabili: il celibato obbligatorio per i sacerdoti non è un dogma, nella Chiesa delle origini non era previsto e non è detto che in futuro questa norma non possa essere rivista.
Di seguito, però, il Santo Padre ha fatto osservazioni personali che sembrerebbero incoraggiare una revisione del principio: “A volte il celibato può portarti al maschilismo. A un prete che non sa lavorare con le donne manca qualcosa, non è maturo. Il Vaticano era molto maschilista, ma fa parte della cultura, non è colpa di nessuno. Si è sempre fatto sempre così”.
“Non sono pronto a un cambiamento”
A distanza di pochi giorni dalla prima intervista, sono arrivate nuove dichiarazioni di Bergoglio, ancora una volta ad un giornale argentino, il settimanale Perfil, che sembrano voler precisare le affermazioni precedenti. “Non sono ancora pronto a rivederlo”, ha detto con riferimento al celibato sacerdotale, “ma ovviamente è una questione di disciplina, che oggi c’è e domani può non esserci, e non ha niente a che vedere con il dogma”, ha ribadito.
Le recenti riflessioni di Francesco sembrerebbero indicare questa direzione: non sono quindi maturi i tempi per una revisione effettiva della norma ma una discussione in merito – anche sul piano informale – sarebbe molto utile. Anche in questa occasione, il Papa ha espresso quella che è la sua visione personale su un dato argomento, distinguendolo dalla dottrina della Chiesa e dai principi morali generali.
Rimarrà comunque un “dono”
Del resto, appena un anno fa, all’apertura lo stesso Bergoglio, aveva espresso a chiare lettere il valore del celibato sacerdotale, inquadrandone bene il contesto.
“Mi spingo a dire che lì dove funziona la fraternità sacerdotale, la vicinanza fra i preti, ci sono legami di vera amicizia, lì è anche possibile vivere con più serenità anche la scelta celibataria”, aveva detto il Santo Padre in quell’occasione.
Aveva quindi sottolineato la natura spirituale e oblativa del principio: “Il celibato è un dono che la Chiesa latina custodisce, ma è un dono che per essere vissuto come santificazione necessita di relazioni sane, di rapporti di vera stima e di vero bene che trovano la loro radice in Cristo. Senza amici e senza preghiera il celibato può diventare un peso insopportabile e una contro-testimonianza alla bellezza stessa del sacerdozio”.
Traendo delle conclusioni (provvisorie), sulla scorta di quanto detto dal Pontefice possiamo dunque affermare che le sue dichiarazioni di quest’anno non contraddicono quelle dell’anno scorso e che il celibato per i preti, quantunque non sia un dogma, anche se un domani venisse superata l’attuale disciplina, rimarrebbe sempre un valore inestimabile per la Chiesa.