Uno stupore misto a spavento, che, a poco a poco, si trasforma in gioia vera e duratura. Sono questi i sentimenti che accompagnano le donne, prime testimoni della Resurrezione.
Durante la messa della Vigilia, celebrata in serata a San Pietro, papa Francesco ha posto l’attenzione in particolare su un concetto: “Andare in Galilea”.
L’annuncio dell’angelo contiene una realtà fattuale e un’esortazione. L’invito a recarsi in Galilea, per incontrare il Risorto, “significa, anzitutto, ricominciare”, ha spiegato il Santo Padre. I discepoli rivedranno Gesù dove per la prima volta “li ha cercati e li ha chiamati a seguirlo”. Il mare di Galilea è quindi “il luogo del primo incontro e del primo amore”.
Aver lasciato le reti, averlo ascoltato e testimoniato i suoi prodigi, però, non è bastato. “Pur stando sempre con Lui – ha sottolineato il Pontefice – non lo hanno compreso fino in fondo, spesso hanno frainteso le sue parole e davanti alla croce sono scappati, lasciandolo solo”.
Nonostante questo ‘passo falso’, Gesù dà ai suoi una nuova possibilità. È come se stesse dicendo loro: “Ripartiamo da dove abbiamo iniziato. Ricominciamo. Vi voglio nuovamente con me, nonostante e oltre tutti i fallimenti”. La Pasqua, dunque, indica che “è possibile ricominciare sempre, perché c’è una vita nuova che Dio è capace di far ripartire in noi al di là di tutti i nostri fallimenti”.
Persino “dalle macerie del nostro cuore Dio può costruire un’opera d’arte, anche dai frammenti rovinosi della nostra umanità Dio prepara una storia nuova”. Gesù “ci precede sempre”, in ogni “vita che risorge”, in ogni “speranza che rinasce”.
Anche “in questi mesi bui di pandemia sentiamo il Signore risorto che ci invita a ricominciare, a non perdere mai la speranza”. E allora “andare in Galilea”, significa innanzitutto “muoversi nella direzione contraria al sepolcro”.
Le donne menzionate nel Vangelo della Resurrezione (Mc 16,1-7), al contrario, erano andate incontro al loro ricordo di Gesù, a ciò che è “perduto per sempre”. Erano andate al sepolcro a “rimestare la loro tristezza”, quasi “come se Gesù fosse un personaggio del passato, un amico di gioventù ormai lontano, un fatto accaduto tanto tempo fa, quando da bambino frequentavo il catechismo”.
È sterile fermarsi a “una fede fatta di abitudini, di cose del passato, di bei ricordi dell’infanzia”. Bisogna, al contrario, mettersi in marcia verso la Galilea per “imparare che la fede, per essere viva, deve rimettersi in strada”. È una fede che “deve ravvivare ogni giorno l’inizio del cammino, lo stupore del primo incontro”. Senza la “presunzione di sapere già tutto, ma con l’umiltà di chi si lascia sorprendere dalle vie di Dio”.
Si va in Galilea, per rafforzare una fede che vada oltre i “ricordi dell’infanzia”, incontrando Cristo Risorto che “non finisce mai di stupirci”. È il Risorto che “spinge ad andare controcorrente rispetto al rimpianto e al ‘già visto’”. La fede non è un “repertorio del passato” e Gesù non è un “personaggio superato” ma “è vivo, qui e ora”.
È proprio in Galilea, la terra dove Gesù ha iniziato la sua missione, che “il Risorto chiede ai suoi di andare, anche oggi”. Si va in Galilea, perché è “il luogo della vita quotidiana, sono le strade che percorriamo ogni giorno, sono gli angoli delle nostre città in cui il Signore ci precede e si rende presente”.
È in Galilea che “possiamo trovare il Risorto nel volto dei fratelli, nell’entusiasmo di chi sogna e nella rassegnazione di chi è scoraggiato, nei sorrisi di chi gioisce e nelle lacrime di chi soffre, soprattutto nei poveri e in chi è messo ai margini”.
L’invito del Papa è a riconoscere il Risorto “nelle nostre Galilee, nella vita di tutti i giorni. Con Lui, la vita cambierà. Perché oltre tutte le sconfitte, il male e la violenza, oltre ogni sofferenza e oltre la morte, il Risorto vive e conduce la storia”.
In conclusione, Francesco ha esortato il “fratello” o la “sorella” che porta “nel cuore un’ora buia”, ad aprirsi “con stupore all’annuncio della Pasqua”. “Non avere paura, è risorto! Ti attende in Galilea. Le tue attese non resteranno incompiute, le tue lacrime saranno asciugate, le tue paure saranno vinte dalla speranza”.
Luca Marcolivio
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