Dopo la legalizzazione in Spagna, le due pratiche di fine vita avanzano a velocità terrificante in molti Paesi si va verso l’approvazione.
I riflettori sono ora puntati su Francia e Canada. In entrambi i paesi, le ragioni della vita sono strenuamente difese dagli episcopati nazionali.
In Francia, il progetto di legge sulla “libera scelta sul fine vita” è approdato all’Assemblea Nazionale, giovedì scorso. La proposta sull’eutanasia arriva dal partito d’opposizione Groupe Libertés et territoires ma gode dell’appoggio del partito di maggioranza La République En Marche.
Impulsi contrari alla legalizzazione dell’eutanasia arrivano dal centrodestra, in particolare da Les Républicains (ex gollisti). Sono complessivamente 3000 gli emendamenti presentati allo scopo di ritardare il voto.
La morte e la manipolazione del linguaggio
“Quando una persona affronta la sofferenza, la soluzione non è mai ucciderla ma alleviare il suo dolore e accompagnarla”, ha dichiarato l’arcivescovo di Parii, monsignor Michel Aupetit.
“È tanto più paradossale che ci sia questo assalto sulla morte, sul modo di provocare la morte, proprio in un momento in cui la morte ci circonda ovunque. Dovremmo, al contrario, batterci per la vita”, ha aggiunto il presule, ricordando che la via maestra è sempre quella delle cure palliative.
Gli ha fatto eco, l’arcivescovo di Lilla, monsignor Laurent Ulrich, che ha ricordato: “Proteggere la persona che soffre accompagnandola con cura non equivale a ucciderla”. I pazienti in fin di vita, ha aggiunto, hanno bisogno soprattutto di “cura, gentilezza e sostegno”.
C’è il rischio, ha osservato ancora monsignor Ulrich, che una “morte provocata” venga certificata come “morte naturale”: tutto questo, ha detto, è sintomo di una “tendenza politica a distorcere il significato delle parole”.
Già nel 2018, al momento del dibattito su una possibile legalizzazione del suicidio assistito, i vescovi francesi avevano firmato una dichiarazione a favore della vita. “Qualunque siano le nostre convinzioni, il fine-vita è un tempo che vivremo tutti ed è una preoccupazione che condividiamo. Tutti devono essere in grado di pensare nel modo più sereno possibile, evitando di cadere nella trappola delle passioni e delle pressioni”.
Canada: vescovi mobilitano parrocchie e laicato
In Canada, il dibattito è ora focalizzato sulla facilitazione del suicidio assistito, già legale dal 2016. Lo scorso 17 marzo, il Senato canadese ha approvato il disegno di legge C-7, che ha ampliato l’idoneità per “assistenza medica in caso di morte”. All’atto pratico, potrà ricevere il suicidio assistito chiunque stia andando incontro a una morte “ragionevolmente prevedibile” e anche chi sia semplicemente affetto da una malattia mentale.
I vescovi canadesi hanno fatto appello alla preghiera e hanno chiesto ai fedeli di mobilitarsi, contattando personalmente i parlamentari. “A questo punto, è importante essere informati, rinnovare il nostro coinvolgimento ovunque viviamo e collaborare con i membri della nostra parrocchia o di altri gruppi e organizzazioni religiose per continuare a fare pressioni sui nostri funzionari eletti su queste questioni”, dichiara in una lettera il presidente della Conferenza episcopale canadese, monsignor Richard Gagnon, arcivescovo di Winnipeg.
“La nostra posizione rimane inequivocabile – prosegue il presule –. L’eutanasia e il suicidio assistito costituiscono l’uccisione deliberata di vite umane in violazione dei comandamenti di Dio; erodono la nostra dignità condivisa, non riuscendo a vedere, accettare e accompagnare coloro che soffrono e muoiono”. Si tratta di pratiche che “minano il dovere fondamentale che abbiamo di prenderci cura dei membri più deboli e vulnerabili della società”, scrive ancora monsignor Gagnon.
Malati mentali e disabili gravemente a rischio
Il presidente dei vescovi canadesi ha messo in guardia dalle “possibili pressioni pericolose e potenzialmente distruttive” che verrebbero fatte nei confronti delle persone con malattie mentali o disabilità gravi, affinché pongano fine alla loro vita.
L’episcopato si impegna quindi a pregare “nella vigile difesa contro una ‘cultura della morte’ che continua a erodere la dignità della vita umana nel nostro Paese”. Al tempo stesso, i presuli canadesi desiderano coinvolgere i fedeli “su un argomento di cruciale importanza per tutti noi”, esortandoli a “non scoraggiarsi”.
Altri punti affrontati da Gagnon nella sua lettera: la disposizione di programmi di assistenza sanitaria ai malati mentali e per la prevenzione del suicidio; la tutela dell’obiezione di coscienza a beneficio dei medici che non intendono praticare il suicidio assistito.
“Le cure palliative, e non l’eutanasia o il suicidio assistito, sono la risposta compassionevole e solidale alla sofferenza e alla morte”, ha poi aggiunto il presule, con riferimento alla mancata applicazione in Canada della terapia del dolore e di altre pratiche, in alternativa all’eutanasia.
Luca Marcolivio