Durante l’Asian Youth Day tenutosi a Yogyakarta (Indonesia), il vescovo indiano Henry D’Souza della diocesi di Bellary (Karnataka) ha voluto porgere il proprio saluto a 600 milioni di giovani indiani. Il vescovo ha prima sottolineato la bellezza delle differenze tra i due paesi, quindi ha fatto notare come queste non debbano necessariamente portare ad una divisione, anzi il messaggio di Dio invita da sempre a superarle per far prevalere le grandi analogie.
Il piano di Dio, afferma il vescovo, è sempre stato quello di unire tutti i popoli della terra, sin dall’alleanza con Abramo che conferiva la benedizione a tutte le famiglie. Sebbene la torre di Babele abbia diviso i popoli creando rabbia e conflitti, la discesa di Gesù Cristo ha invitato nuovamente alla conciliazione, non appianando le differenze che si erano create, ma convincendo i popoli a superarle: “L’ebreo rimane un ebreo, la femmina non è trasformata in un uomo e né lo schiavo è liberato grazie alla sua fede in Cristo. No” spiega D’Souza che però aggiunge: “L’unità viene realizzata nonostante le differenze, rendendo così le distinzioni irrilevanti”.
Dopo aver letto la lettera agli Efesini in cui vi è scritto che esiste un solo corpo ed un solo spirito, e così esiste un solo Dio ed una sola fede, Monsignor D’Souza ribadisce il concetto anticipato precedentemente: “In altre parole, non importa in quale gruppo tu appartieni. Sei libero o uno schiavo? Sei colto o non istruito? Sei maschio o femmina? Prima di Dio e in Cristo siete gli stessi, gli uni come gli altri, con uguale dignità! L’accettazione divina non dipende dalla propria etnia, dal sesso, dalla condizione sociale. Semplicemente non conta”.
Tutto questo preambolo è servito al prelato per introdurre un argomento pressante nell’odierna Asia, l’emergere di fondamentalismi che possono portare a divisioni talmente grandi da condurre a guerre intestine sanguinose. D’Souza spiega in merito che l’unico modo per combattere l’intolleranza religiosa è quella di comprendere in profondità il messaggio divino. Ma affinché questo processo diventi significativo c’è bisogno che ogni singolo giovane dell’Asia diventi “Campione dell’unità tra tutti i popoli”.
L’omelia del vescovo si conclude con un auspicio per il futuro, ovvero che i giovani diventino: “Leader del futuro assumendo ruoli di leadership in tutti i settori della vita moderna: leadership spirituale, come sacerdoti, religiosi e consacrati”. L’auspicio è rivolto anche ai giovani che non sentono la vocazione, questi pur non facendo parte della Chiesa in senso stretto potrebbero essere la classe dirigente illuminata del futuro.
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