Messe e Covid: duro attacco del vescovo Aillet contro la soppressione della libertà di culto in Francia. “No, l’argomento sanitario non giustifica qualsiasi cosa”
Da giorni infatti in tutto il Paese si assiste a numerose manifestazioni di protesta, da parte della popolazione cattolica. Contro il divieto di recarsi a Messa promulgato dal governo francese in relazione alla crisi sanitaria dovuta al Coronavirus. Da giorni scorrono immagini di fedeli che in silenzio si radunano di fronte alle cattedrali transalpine per chiedere la libertà di vivere pienamente la loro fede.
“Poiché l’uomo è sociale per natura e aperto alla fraternità, è insostenibile spezzare le relazioni familiari e amicali e condannare le persone più fragili all’isolamento e all’angoscia della solitudine. Così come è ingiusto privare gli artigiani e i piccoli commercianti della loro attività, dal momento che contribuiscono nelle nostre città e cittadine alla convivenza sociale”, ha spiegato il vescovo nel suo duro intervento.
Da settimane ormai sono venute alla luce le drammatiche conseguenze del lockdown sulla popolazione. Che vanno ben oltre quelle per contagio da Coronavirus, che è certo drammatico. Ospedali psichiatrici sovraccarichi, sale d’attesa psicologiche piene, povertà in aumento e gravi rischi sociali dietro l’angolo. Le piccole imprese falliscono una dietro l’altra. Poi c’è il tema dell’isolamento. In Francia, 4 milioni di cittadini sono in una situazione di solitudine estrema.
Di fronte a tutto questo quindi il vescovo di Bayonne, Marc Aillet, non ci sta. E passa al contrattacco. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, per milioni di francesi cattolici, è l’inaccettabile divieto di culto. Nonostante le misure sanitarie estremamente minuziose che sono state prese in tutte le chiese.
“La paura, che si è impossessata di molte persone, è alimentata dal discorso ansiogeno e allarmista delle autorità, rilanciate dalla maggior parte dei grandi media”, ha scritto il vescovo sulla rivista diocesana Notre Eglise. “Ne deriva una difficoltà crescente a riflettere, una mancanza di reazione in rapporto agli eventi, un consenso quasi totale dei cittadini alla perdita di libertà fondamentali”, è la sua analisi.
Il religioso spiega che anche all’interno della Chiesa si sono verificate reazioni quantomeno contraddittorie. Chi denuncia l’autoritarismo della gerarchia e contesta il magistero “in modo sistematico, in particolare sui temi morali, si sottomettono oggi senza protestare allo Stato e sembrano aver perso ogni spirito critico“, ha spiegato il presule. “Si ergono a moralizzatori, colpevolizzando e denunciando senza appello coloro che osano porre delle domande”.
Da ciò, per Aillet si evince che “la paura non è buona consigliera. Essa conduce ad atteggiamenti sconsiderati. Aizza le persone le une contro le altre. Genera un clima di tensione o di violenza. Così rischiamo di implodere!”. Il vescovo ha così invitato ad aprire gli occhi sulla realtà nella sua interezza e smettere di ridurre il proprio punto di vista alla sola epidemia.
Che ha causato certamente situazioni drammatiche. Ma che tuttavia non vanno relativizzate. Al contrario, serve guardare “in modo prospettico gli altri disagi che troppo spesso vengono passati sotto silenzio”, ha sottolineato. “Ci sono innanzitutto le cifre, che vengono presentate come rivelatrici della gravità inedita della situazione. Dopo il conteggio quotidiano dei decessi durante la prima ondata, c’è ora l’annuncio dei casi “positivi”, senza che si possa distinguere tra coloro che sono malati e coloro che non lo sono”.
“Non bisognerebbe fare un paragone con altre patologie altrettanto gravi e più mortali, di cui non si parla e i cui protocolli sono stati rinviati a causa del Covid-19 causando peggioramenti talvolta fatali?”, ha chiesto il religioso. “Nel 2018, ci sono stati 157 mila morti di cancro in Francia! Ci è voluto del tempo prima che si parlasse del trattamento disumano che è stato imposto nella case di riposo alle persone anziane, talvolta chiuse a chiave nelle loro stanze, con il divieto di ricevere visite dai familiari. Le testimonianze sui problemi psicologici e i decessi prematuri dei nostri anziani abbondano”.
Oltre alle cifre che parlano di una condizione sociale del tutto drammatica, che va molto oltre la crisi sanitaria, però, il vescovo ha poi tuonato contro “il divieto di celebrare il culto, anche quando vengono prese misure sanitarie ragionevoli, con le Messe ridotte al rango di attività “non essenziali”: questo non si è mai visto in Francia, salvo che a Parigi sotto la Comune!”.
“L’uomo è unità di corpo e anima, non è giusto fare della salute fisica un valore assoluto, fino a sacrificare la salute psicologica e spirituale dei cittadini, impedendogli in particolare di praticare liberamente la loro religione, laddove l’esperienza prova che essa è essenziale per il loro equilibrio”, ha poi spiegato il vescovo.
Che ha concluso spiegando che “per noi cattolici il culto perfetto passa per il sacrificio di Cristo, che si rende presente nel sacrificio eucaristico della Messa che Gesù ci ha comandato di rinnovare. È unendoci fisicamente e insieme a questo sacrificio che noi possiamo presentare ‘i nostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il nostro culto spirituale’ (Rm 12,1)”.
“E se è autentico, il culto si realizzerà in modo necessario nella passione del bene dell’altro, nella misericordia e nella ricerca del Bene comune. Ecco perché è profetico e imperioso difendere la libertà di culto. Non lasciamo rubare la fonte della nostra Speranza!
Giovanni Bernardi
Fonte: Tempi
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