Ha suscitato molte critiche un post della Pontificia Accademia per la Vita in cui si ritocca la Pietà di Michelangelo dipingendo Gesù di nero.
L’intento era ovviamente quello di lanciare un messaggio anti-razzista, in segno di solidarietà con le proteste che negli Stati Uniti sono esplose a seguito dell’omicidio di George Floyd.
Le critiche alla foto di Gesù nero postata da monsignor Paglia
Tuttavia per molti non è stata altro che una resa al dominio imperante del politicamente corretto. Generando un relativismo del tutto vergognoso che, secondo i più critici, rischia di cancellare persino la figura di Gesù Cristo. Negando il suo essere una persona vissuta in un periodo storico ben preciso in una determinata area geografica.
L’accusa al monsignore che siede ai vertici del Vaticano è quella di piegare la fede cattolica a un’ideologia di ispirazione marxista e quindi atea. Volta a cancellare la fede cristiana per fare spazio a una nuova religione universale dove tutti sono uguali senza distinzioni e soprattutto senza alcun giudizio morale verso le scelte compiute nella propria vita. In cui cioè il cristianesimo è un’idea da cancellare dalla storia. Insomma, un’offesa tanto alla religione quanto alla storia e anche all’arte.
L’idea che Gesù sia un’idea e non una persona vissuta duemila anni fa
Il vescovo Paglia tuttavia è stato molto spesso al centro del dibattito per diverse sue uscite o decisioni prese, fin da quando era Vescovo di Terni, città nella cui cattedrale ha commissionato un affresco dalle immagini e dalle simbologie piuttosto dubbie e controverse, in cui Gesù porta con sé in cielo persone impegnate in orgie sodomiti, atti osceni e quant’altro.
Nelle scorse settimane Paglia ha postato sul suo account Twitter la locandina di un film in cui ci sono bimbi e adulti nudi in posa, il che è parsi a molti ben poco adatto per il profilo di un monsignore alla guida, oltre che del dicastero pontificio, di una importante istituzione cattolica come l’Istituto Giovanni Paolo II per la Famiglia e la vita.
L’attacco di Vittorio Sgarbi contro la Pietà di Michelangelo ritoccata
L’ultima trovata riguardante il Gesù pitturato di nero ha perciò disgustati molti. Il critico d’arte Vittorio Sgarbi, in un articolo pubblicato su Il Giornale, non ci ha pensato due volte e ha vergato un duro editoriale contro il religioso, a lungo consigliere spirituale della Comunità di Sant’Egidio.
Sgarbi ha voluto dapprima sottolineare l’impazzimento di un dibattito spesso sterile e altrettanto spesso inutile, in cui si addebita uno schieramento politico a un ragazzo che si è macchiato di un tragico omicidio verso un giovane di colore, ed è il caso di Colleferro, per poi scoprire che era solamente un pretesto politico e quindi una vera e propria strumentalizzazione, visto che gli assassini parteggiavano per lo schieramento opposto.
Una società impazzita dove troppo spesso si perde la ragione
Dove poi, allo stesso tempo, un sacerdote come don Roberto, che ha dedicato la sua vita ai poveri e agli ultimi, viene ucciso da un immigrato tunisino che era presente in maniera irregolare sul suolo italiano, e questa caratteristica dell’assassino viene del tutto omessa quando non manomessa, attribuendogli una malattia mentale che non ha. Nascondendo inoltre, praticamente da tutti i maggiori media, la tragica notizia.
“Invece no, la violenza gratuita è un istinto bestiale. Neppure motivato dall’odio religioso, quello che rende i terroristi islamici ben più pericolosi dei neofascisti italiani, con la loro presunta cultura della violenza“, spiega Sgarbi.
Gesù Cristo colorato di nero? Per Sgarbi è pura propaganda
“La parte bestiale di noi, non quella ideologica o religiosa, uccide e, talvolta può prevalere”, prosegue il critico d’arte. “Il terrorismo non è più all’ordine del giorno, e quindi anche le ragioni dell’omicidio del sacerdote Roberto Malgesini non sono né ideologiche o religiose, è lecito pensare: sono violenza e basta, e certamente non violenza di un nero contro un bianco amico. Perché dovrebbe essere vero il contrario, se l’istinto dell’uomo può manifestarsi al di là del colore della pelle?”, si chiede Sgarbi.
Una premessa che aiuta il critico d’arte a entrare nel merito dell’azione di propaganda ideologica messa in atto da Monsignor Paglia, colorando Gesù Cristo di nero. “È invece pura propaganda quella della trasformazione della Pietà di Michelangelo nell’immagine di un Cristo nero (vittima designata) in braccio alla Vergine, mai cosi inopportuna oggi che il martire è un prete”.
Una provocazione che per Sgarbi incita non all’amore ma all’odio
Insomma, per Sgarbi “il fotomontaggio voluto dalla Pontificia Accademia per la Vita, per assecondare la protesta del movimento Black Lives Matter, non poteva essere più inopportuno oltre che intempestivo”. Questo “non perché Cristo non sia anche nero, ma perché l’immagine incita più all’odio che all’amore”.
La conclusione del noto critico d’arte è che la provocazione è del tutto fuori luogo, oltre che errata. Per il fatto che “il martirio del povero prete ucciso a Como non può essere usato da un cristiano contro il nero che lo ha ucciso. Ed è per questo che appare strumentale il contrario, privilegiando l’odio razziale rispetto all’amore cristiano. La Pietà di Michelangelo non vuole parlarci di vittime e carnefici, di odio fra neri e bianchi, ma di amore fra gli uomini”.
An image that is worth a speech. pic.twitter.com/RnqzEXiW1V
— Pontifical Academy Life (@PontAcadLife) September 12, 2020
Giovanni Bernardi