Il vescovo di Vicenza parla di una possibile beatificazione di Sammy Basso. Al suo funerale è stata letta la bellissima lettera-testamento scritta da lui stesso per la sua morte.
Sammy Basso potrebbe diventare Beato: lo sostiene il vescovo di Vicenza dopo i funerali celebrati venerdì 11 ottobre a Tezze sul Brenta.
Migliaia di persone, oltre 3 mila, hanno partecipato al funerale celebrato da mons. Giuliano Brugnotto. Al momento dell’omelia il presule non ha voluto usare sue parole, ma si è dedicato alla lettura di una bellissima e commovente lettera-testamento scritta proprio da Sammy per la sua morte.
Affetto da progeria, Sammy Basso è stato l’unico al mondo con questa condizione genetica ad aver vissuto fino a 28 anni. Sammy è stato un ragazzo straordinario non tanto per esser stato colpito da una rarissima patologia genetica ed esser stato il più longevo, ma per il suo modo di vivere impregnato di fede.
Il vescovo su Sammy Basso: “non escludo la causa di beatificazione”
Cresciuto in una famiglia credente, Sammy non ha mai nascosto di credere in Dio e che la fede cattolica rappresentasse l’elemento più importante della sua vita. Molto vicino alla spiritualità francescana, portava il tau al collo e parlava apertamente di Gesù, che adorava profondamente.
Dalle numerose interviste rilasciate nel corso degli anni, nei suoi interventi pubblici e nel libro scritto, Il viaggio di Sammy, la fede emerge in maniera preponderante. Era fondativa di tutto il suo modo di essere e illuminava ogni sua azione.
Il giorno dopo le esequie, a margine di un evento della Conferenza episcopale triveneta, mons. Brugnotto si è espresso su Sammy Basso dicendo “Non escludo la possibilità di aprire, tra cinque anni, come prevede l’attuale procedura canonica, la causa di beatificazione“.
Il vescovo ha spiegato che “in questi giorni è emerso il profilo spirituale di Sammy, che ha espresso una santità nella vita ordinaria assieme a una profondità interiore straordinaria“.
Nella lettera -testamento l’amore per Dio e per gli altri
Ha emozionato i presenti e tutti coloro che l’hanno letta, la lettera-testamento di Sammy, diventata in poche ore virale sul web. Parole semplici e spontanee che arrivano al cuore e mostrano la spiritualità di un ragazzo che ha tanto da insegnare.
L’aveva scritta nel 2017 perché sapeva che la morte avrebbe potuto coglierlo inaspettatamente. Con tono affettuoso e allegro Sammy ha scritto rivolgendosi ai partecipanti al suo funerale. Ha tracciato delle riflessioni sulla sua vita, vissuta “felicemente, senza eccezioni, e l’ho vissuta da semplice uomo, con i momenti di gioia e i momenti difficili, con la voglia di fare bene, riuscendoci a volte e a volte fallendo miseramente“.
Ha raccontato del suo desiderio di lasciar traccia nella storia e lo ha analizzato arrivando alla conclusione che “La gloria personale, la grandezza, la fama, altro non sono che una cosa passeggera. L’amore che si crea nella vita invece è eterno, poiché Dio solo è eterno, e l’amore ci viene da Dio“.
Ha avuto parole di consolazione per i suoi cari e ha parlato della paura della morte, così comune, quando invece è un fatto naturale e funziona come sprone a non procastinare, ma a vivere l’oggi nel miglior modo possibile, alla luce della fede, come aveva rivelato anche in altre occasioni.
Ha spiegato come la morte, sconfitta da Gesù, per un cristiano è “l’unico modo per tornare finalmente alla Casa del Padre“. Confessa che “da cristiano ho affrontato la morte. Non volevo morire, non ero pronto per morire, ma ero preparato“.
L’esortazione a non stancarsi di portare la croce
Vuole considerare la morte come faveva San Francesco e chiamarla “Sorella Morte“. E poi si rivolge agli altri come a dei fratelli esortandoli ad amare Dio e a non temere di accettare le croci che ci vengono date.
“Non stancatevi mai, fratelli miei, di servire Dio e di comportarvi secondo i suoi comandamenti, poiché nulla ha senso senza di Lui e perché ogni nostra azione verrà giudicata e decreterà chi continuerà a vivere in eterno e chi invece dovrà morire. Non sono di certo stato il più buono dei cristiani, sono stato anzi certamente un peccatore, ma ormai poco conta: quello che conta è che ho provato a fare del mio meglio e lo rifarei. Non stancatevi mai, fratelli miei, di portare la croce che Dio ha assegnato ad ognuno, e non abbiate paura di farvi aiutare nel portarla, come Gesù è stato aiutato da Giuseppe di Arimatea” sono le sue parole.
Il suo consiglio è “non rinunciate mai ad un rapporto pieno e confidenziale con Dio, accettate di buon grado la Sua Volontà” ed invita anche a fare come Giacobbe ed esprimere i propri sentimenti al Signore in una lotta filiale.
La certezza è che “Dio, che è madre e padre, che nella persona di Gesù ha provato ogni umana debolezza, e che nello Spirito Santo vive sempre in noi, che siamo il suo Tempio, apprezzerà i vostri sforzi e li terrà nel Suo Cuore“.
Sono parole molto intense che racchiudono la sua fede e il suo abbandono alla volontà del Padre e da cui emergono elementi di santità che appaiono evidenti.
La fama di santità è infatti ciò che porta all’apertura di un processo canonico. In esso si ha l’accertamento delle virtù cristiane vissute in modo eroico che conducono alla dichiarazione dei vari step di una canonizzazione.