In pochi sanno che dietro all’organizzazione della Giornata Mondiale della Gioventù, fondata da Papa Giovanni Paolo II, c’è la mano di Don Domenico Sigalini, sacerdote di origini bresciane che è stato prima responsabile del Servizio Nazionale delle Pastorale Giovanile, poi assistente nazionale di Azione Cattolica ed infine Vescovo di Palestrina (incarico lasciato lo scorso luglio per sopraggiunto limite d’età).
A raccontarlo al sito d’informazione cristiana ‘Agi’ è proprio Don Sigalini: “La sua è stata una scommessa: dal 1984 è partita questa proposta e Giovanni Paolo II ha fatto di tutto per iscriverla nella progettualità ordinaria”. Il Vescovo Emerito di Palestrina spiega anche tutto il lavoro che c’è stato dietro all’organizzazione della prima Giornata Mondiale della Gioventù a Denver nel 1993: “Nella fase iniziale ho cominciato a tessere una serie di rapporti, conferenze e incontri con diocesi e movimenti fino a organizzare la partecipazione alla Gmg di Denver (Usa), nell’agosto 1993, cui seguirono quelle di Manila, Parigi, Toronto e di Roma nel 2000”.
Don Sigalini spiega come abbia partecipato ad ogni singola Gmg, perché credeva fermamente nel progetto, ma aggiunge che il suo lavoro non si fermava certo all’organizzazione dell’evento: “Sentire, mettere in comunicazione e poi formare sono state le parole chiave di quegli anni. Bisognava anche ragionare sulle Gmg per far sì che i traguardi raggiunti sia nella preparazione che nella partecipazione non si disperdessero nel dopo; le Giornate dovevano entrare nella pastorale ordinaria”.
In seguito il vescovo si sofferma a parlare della figura di Papa Giovanni Paolo II, dicendo che lui teneva molto ai giovani perché sapeva che erano loro il futuro della Chiesa e del mondo. In particolare ricorda la frase che rivolse ai ragazzi presenti alla Giornata della Gioventù del 2000 a Roma: “Wojtyla disse ai due milioni di ragazze e di ragazzi che affollavano Tor Vergata: ‘Anche voi sarete all’altezza delle generazioni che vi hanno preceduto’. Attenzione, non disse ‘siate’ come magari sarebbe scappato a un padre o a un parroco. No, no. Disse proprio: ‘Sarete’”. Sigalini si sofferma sull’importanza di quel vocabolo e dice che quella era un’apertura per tutti quei giovani ancora indecisi, ancora nel peccato che non avevano compreso l’importanza di Dio, perché Wojtyla era consapevole che Dio ama tutti allo stesso modo anche i giovani ed i peccatori.