Quello che è accaduto mostra a tutti come in realtà di fronte alle persecuzioni e alle discriminazioni verso la fede cristiana, è bene reagire con fermezza e decisione, perché è solo così che si può rendere testimonianza.
Sempre più infatti oggi i cristiani sono vittime di soprusi e intollerabili emarginazioni, a cui però non tutti si piegano.
Al contrario, c’è anche chi rialza la testa e con schiena dritta afferma di non starci. Portando a situazioni finali che altrimenti non si sarebbero attese. Oggi infatti in Europa i cattolici devono spesso lottare per vedere riconosciuti alcuni basilari diritti della loro fede, come ad esempio la libertà di professarla in pubblico e di non dovere offuscare la propria identità.
Ente indipendente di beneficenza cattolico che opera dal 1981 nell’aiutare i senzatetto e i poveri nello spirito del suo santo patrono e fondatore da cui ha preso il nome, aveva deciso di aprire una lavanderia per i poveri. In questo caso, la vicenda è accaduta in Polonia, a Breslavia, dove la Compagnia d’Aiuto di Alberto Chmielowski.
Non tutto però è andato subito come doveva andare. La lavanderia si trova nei locali gestiti dalla Compagnia, che conta 2.300 membri organizzati in 64 circoli, di cui ogni circolo gestisce un rifugio e una cucina per i senzatetto e i poveri, e per l’inaugurazione dell’attività ha pensato di invitare vescovo Jacek Kiciński, ausiliare della città e anche assistente ecclesiastico dell’ente caritativo.
L’equipaggio della lavanderia è stato tuttavia procurato grazie allo sponsor di una grande azienda chimica tedesca, Henkel, specializzata in prodotti casalinghi, tra cui i detersivi. Alla cerimonia d’inaugurazione erano infatti presenti i loro rappresentanti, e durante questo incontro si sarebbero dovuti ascoltare dei discorsi di varia natura, tra cui anche quello di mons. Kiciński.
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Il vescovo però era stato chiamato, innanzitutto, per benedire la nuova lavanderia, cosa che si apprestava a fare alla fine del suo intervento. Gli organizzatori, però, nel momento in cui hanno saputo che ci sarebbe stata questa benedizione non l’hanno presa bene. Così subito i dipendenti della Henkel si sono adoperati per informare tutti di qualcosa che ha a dir poco dell’assurdo.
Non avrebbero acconsentito alla benedizione della struttura da parte del vescovo, ma al contrario gli avrebbero impedito. L’unica cosa concessa al monsignore era quella di parlare, tra i tanti vari interventi. ma no alla benedizione. Una affermazione che ha lasciato sbigottiti i gestori della lavanderia, nata per un’unica ragione: quella di testimoniare l’amore universale di Cristo a ogni uomo e donna della terra, ad esempio attraverso la carità per i più bisognosi.
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Al contrario, i rappresentanti della Henkel hanno spiegato che la loro decisione è la conseguenza della politica aziendale, fermamente “neutrale” per quanto riguarda la “sfera ideologica” dei contenuti a cui si affilia. A dimostrazione che non c’è nulla di più imparziale e discriminatorio di una presunta neutralità, di fatto inesistente, che molto più semplicemente di traduce in emarginazione dei cristiani dalla sfera pubblica, quando non una vera e propria ghettizzazione.
A questo punto, il vescovo Kiciński ha disertato la cerimonia, visto che il centro della sua presenza, in qualità di assistente spirituale dell’organizzazione cattolica, era l’atto liturgico della benedizione e non certamente il discorsetto di fronte ai presenti. Henkel si era però forse dimenticata del fatto che senza la Chiesa cattolica, i loro volontari e quella benedizione del vescovo, non poteva nemmeno esserci la lavanderia.
Così è bastato un giorno affinché il consiglio di amministrazione del circolo di Breslavia della Compagnia d’Aiuto di Alberto Chmielowski ha preso una decisione molto chiara: restituire ai donatori della Henkel i fondi ricevuti per la nuova lavanderia. Difendendo e specificando chiaramente l’identità cattolica dell’iniziativa.
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Reazione che però non è finita così, chiudendosi in sé stessa. L’azienda tedesca è infatti stata costretta a un passo indietro, vista la situazione complesso in cui si era infilata che aveva mostrato la loro vera natura anti-cristiana e a servizio dell’indifferentismo che discrimina la fede in Gesù. Oltretutto, molti si sono domandati perché la stessa azienda si riempe la bocca di “neutralità” ideologica quando basta visionare i loro canali YouTube per vedere un profluvio di sponsorizzazioni verso l’ideologia lgbt.
In poco tempo il vescovo Kiciński ha ricevuto una lettera del presidente del consiglio di amministrazione di Henkel Polonia, dove quest’ultimo si scusava prostrando il capo dopo avere fatto in un primo momento la voce grossa, ricaduta però su loro stessi. “Siamo molto dispiaciuti che a causa di un malinteso organizzativo il Vescovo alla fine non abbia partecipato a questa cerimonia”, si è letto nella missiva.
Dopodiché, il presidente dell’azienda si è auspicato una proficua collaborazione futura a beneficio dei bisognosi. Un episodio che ad alcuni può sembrare di poco valore, ma che al contrario mette in luce il dramma che sta accadendo piano piano nel nostro Continente, in cui i cristiani sono rifiutati in quanto tale. Papa Francesco lo ha spiegato più volte: queste colonizzazioni ideologiche rischiano di fare fallire il progetto dell’Unione Europea.
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Tuttavia, quello che emerge è che nel momento in cui i cristiani sono capaci di alzare la testa contro le discriminazioni allora è possibile continuare a sperare in un futuro migliore anche per i nostri Paesi. Dove a comandare non sono i soldi e gli interessi dei potenti, che vorrebbero cancellare il cristianesimo dalla faccia della terra, ma dove al contrario ci sono altri metodi di valutazione. Quelli legati alla propria fede e alla propria identità cristiana.
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