Tra il 1991 e il 1992 Joseph Ratzinger fu colpito da un grave disturbo, mentre stava lavorando al nuovo Catechismo. In quella occasione, fu ricoverato in una clinica privata a Roma.
Alcune testimonianze, in quella occasione, riferirono di una visita strettamente privata di Karol Wojtyla, avvenuta in tarda sera nella clinica di via Aurelia. Ripercorrendo quanto accaduto in quella circostanza, i medici che ebbero in cura il cardinale tedesco, futuro Benedetto XVI, valutarono per un’intera settimana se intervenire chirurgicamente.
La scelta era ardua. Diretti dal neurochirurgo Francesco Chiappetta, la squadra dei medici continuò a somministrare cure al cardinale, cercando di decidere sul da farsi. L’archiatra pontificio, il professor Renato Buzzonetti, visitò il cardinale e gli suggerì di tornare ad operarsi in Germania.
Ratzinger decise però di non sottoporsi all’intervento, e rimase a Roma. Ma passarono alcuni giorni e ci fu un ulteriore consulto medico. Il grave disturbo di cui il cardinale stava soffrendo, tuttavia, a un certo punto, i medici videro che era miracolosamente sparito. I medici rimasero sbalorditi, perché di fatto, la malattia era sparita, ma forse non grazie alle cure mediche.
Il cardinale Ratzinger parlava con un certo fervore del legame con Giovanni Paolo II, nel momento in cui la clinica lo dimise nei giorni seguenti. Che ci fu un miracolo del futuro San Giovanni Paolo II?
Mentre ci si pone questa domanda, è bene rileggere quanto scritto pochi giorni fa dal papa emerito Joseph Ratzinger, in occasione dei cento anni dalla nascita di Papa Giovanni Paolo II, in una lettera inviata ai vescovi polacchi.
“Ci sono stati spesso casi in cui rimasi impressionato dall’umiltà di questo grande Papa, che rinunciò alle sue idee favorite quando non c’era il consenso degli organi ufficiali, il quale – secondo l’ordine classico delle cose – si doveva chiedere”, scrive Ratzinger.
“Durante il trapasso di Giovanni Paolo II, Piazza San Pietro era piena di persone, soprattutto di giovani, che volevano incontrare il loro Papa per l’ultima volta. Non dimenticherò mai il momento in cui l’arcivescovo Sandri annunciò la scomparsa del Papa. Soprattutto non scorderò il momento in cui la grande campana di San Pietro rivelò questa notizia. Il giorno del funerale del Santo Padre si potevano vedere moltissimi striscioni con la scritta “Santo subito”. Fu un grido che, da tutte le parti, sorse dall’incontro con Giovanni Paolo II”, prosegue Benedetto XVI.
“Secondo i principi della Chiesa, la santità viene valutata sulla base di due criteri: le virtù eroiche e il miracolo. Questi due criteri sono strettamente collegati tra di loro. Il concetto di “virtù eroiche” non significa un successo olimpico, ma il fatto che quello che dentro e attraverso una persona è visibile non ha una fonte nell’uomo stesso, ma è ciò che rivela l’azione di Dio dentro e attraverso di lui.
Non si tratta di competizione morale, ma di rinunciare alla propria grandezza. Si tratta di un uomo che permette a Dio di agire dentro di sé e quindi di rendere visibile attraverso di sé l’azione e la potenza di Dio“, afferma il papa emerito.
“Lo stesso vale per il criterio del miracolo. Anche qui non si tratta di qualcosa di sensazionale, ma del fatto che la bontà guaritrice di Dio diventa visibile in un modo che supera le capacità umane. Un santo è un uomo aperto, penetrato da Dio. Un santo è una persona aperta a Dio, permeata da Dio. Un santo è uno che non concentra l’attenzione su se stesso, ma ci fa vedere e riconoscere Dio.
Lo scopo dei processi di beatificazione e canonizzazione è proprio quello di esaminarlo secondo le norme della legge. Per quanto riguarda Giovanni Paolo II, entrambi i processi sono stati eseguiti rigorosamente secondo le regole vincolanti. Così ora egli si presenta davanti a noi come un padre che ci mostra la misericordia e la bontà di Dio“, conclude Joseph Ratzinger.
“È vero che in Giovanni Paolo II la potenza e la bontà di Dio è diventata visibile a tutti noi. In un momento in cui la Chiesa soffre di nuovo per l’assalto del male, egli è per noi un segno di speranza e di conforto”.
Giovanni Bernardi
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