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Vittorio Sgarbi: “I presidi che tolgono i crocifissi? Li licenzierei”

Cosa pensa Vittorio Sgarbi della questione crocifissi nelle scuole?

Pensa che non vadano tolti perché parte della nostra tradizione culturale.

(Getty Images)

La questione crocifissi in luogo pubblico

Ormai da anni si discute sulla questione crocifissi nelle scuole e negli uffici pubblici (ospedali compresi). Per legge gli edifici pubblici sono laici ed in quanto tali non dovrebbero avere alcuni simbolo religioso, ma per anni questo non ha precluso a presidi e dirigenti di fare affiggere i crocifissi nelle varie stanze. Il motivo di queste decisioni è legato alla cultura ed alla tradizione del nostro Paese.

In questo ultimo periodo, per via di una graduale crescita del multiculturalismo nella nostra nazione, il crocifisso è divenuto motivo di discordia sia a livello locale che a livello nazionale. La Lega, oggi al governo insieme al M5S, ha addirittura proposto di fare una legge nuova, in cui il crocifisso debba essere obbligatorio in quanto simbolo della nostra cultura. Sull’argomento si è espresso diverse volte anche Vittorio Sgarbi, noto politico e critico d’arte, l’ultima volta in ambito di una lezione tenuta a Camogli sul tema ‘Iconografia della Madonna nell’arte’.

Vittorio Sgarbi: “Licenzierei tutti i presidi che tolgono i crocifissi”

Nel corso della lezione, il critico ha cominciato a parlare della polemica riguardante i crocifissi e a riguardo ha detto: “Li licenzierei subito e senza alcun dubbio non per motivi religiosi o di dottrina. Negare il presepe o il crocifisso in aula è negare la nostra cultura, la nostra identità e le nostre tradizioni”. Continuando il discorso, secondo quanto riportato dal ‘Secolo d’Italia’, Vittorio Sgarbi ha spiegato il motivo per cui a suo avviso non si devono togliere: “la rappresentazione del Divino fa parte della nostra cultura. E quindi negare la Croce o la Natività è contrastare le nostre stesse radici e la nostra storia”. In conclusione ha lanciato un’altra frecciata ai presidi: “Ignorano persino che quando dicono l’ora – sono le diciotto e trentacinque – in quel momento stesso dicono che misurano il tempo dopo Cristo”.

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Luca Scapatello

Fonte: Il Secolo d’Italia

Luca Scapatello

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Luca Scapatello

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