Parla l’ex carabiniere che ha trovato i probabili resti di Gioele, Giuseppe Di Bello. La testimonianza di chi ha vissuto in prima persona questa tragedia senza fine.
“Bisognava ragionare come un bimbo di 4 anni rimasto da solo”, ha spiegato al Corriere della Sera l’ex brigadiere dei carabinieri di 66 anni, cercatore di funghi e quindi anche conoscitore della montagna.
Il padre del piccolo Gioele, Daniele Mondello, subito dopo il ritrovamento ha espresso rabbia, costernazione e incredulità per il fatto che per oltre due settimane si sono mobilitate tutte le istituzioni e non sono riusciti a trovare nulla. Ma è bastata mezza di giornata di lavoro di un uomo di buonsenso per arrivare dritti al punto.
Dopodiché il clima si è acquietato, Daniele ha tirato un lungo sospiro e ha detto: “È stato un dono di Dio”. La storia di Viviana e Gioele è ancora piena di nodi irrisolti, su cui i media si stanno scagliando, come al solito, in maniera eccessiva. L’incidente, il corpo, i misteri: non si sa cosa sia successo, e nemmeno se è giusto che tutti siano partecipi dell’ennesima spettacolarizzazione di una vicenda altamente tragica come questa.
Al Corriere, l’uomo che ha ritrovato il probabile corpo del piccolo ha spiegato di essere “pratico di questa montagna. La zona è impervia. In basso è tutta macchia mediterranea e rovi fitti, ma salendo diventa più problematico”. Tuttavia, l’incapacità delle ricerche ha avuto origine principalmente nello sguardo che è stato adottato per affrontare la vicenda.
“Uno deve ragionare come un bambino di 4 anni”, ha spiegato l’ex brigadiere. “Trovandosi solo, se la madre fosse morta prima, e con le tenebre, il bambino guarda la luna, tenta di ascoltare un rumore, cerca di notare una luce. Si allontana. Non torna certo verso l’autostrada perché ha subìto un trauma, visto che c’era stato un incidente”.
La montagna infatti, come la natura di Leopardi, può essere matrigna. Tanto affascinante quanto incubatrice di pericoli e di insidie. “Ci sono molti maiali selvatici di proprietà, ma non tutti vengono presi e quelli che rimangono allo stato brado per uno, due anni di-ventano selvatici. Possono attaccare l’uomo, in particolare le scrofe se hanno i cuccioli e sentono il rischio, sono pericolosi”.
Ora si dovrà capire per quale ragione la donna, nonostante il suo stato di salute, avesse piena libertà di movimento. In passato aveva già tentato il suicidio, l’ultima volta soltanto a fine giugno scorso. Forse la donna voleva riprovarci lo scorso 3 agosto. Al marito aveva detto solamente che voleva acquistare le scarpe al bambino.
La realtà, probabilmente, è che voleva raggiungere il viadotto dell’autostrada per buttarsi giù insieme al figlio di quattro anni. Poi però l’incidente in autostrada ha cambiato i piani. Purtroppo però la triste vicenda deve essere guardata oltre all’immediatezza e alla brutalità della cronaca.
C’è bisogno di capire a fondo le sofferenze di chiunque, uomini e donne, in un mondo che non riesce più a fermarsi e a riflettere. Il dolore profondo, radicato nell’animo umano e che porta fino alla follia, è in realtà frutto di una mancanza di senso che si vive nella nostra società. Di una perdita dell’orizzonte, che si può recuperare soltanto con il ritorno al riconoscimento di una presenza divina nella vita di ciascuno.
La società atea e secolarizzata ha smarrito il senso dell’esistenza umana, il perché della vita, delle giornate, delle proprie azioni, e quindi dell’amore. Dobbiamo tornare a sentirci amati di quell’amore pieno che solo il Signore può donare a ciascuno di noi.
Signore, aiutaci ad essere e riconoscerci come tuoi figli, affinché anche il dolore più profondo depositato nel cuore di tanti che vivono nella nostra società possa essere lenito e cancellato, e affinché ciascuno di noi possa ritrovare la strada della pace e dell’unità interiore e della concordia con il prossimo.
Accogli in cielo Viviana e il piccolo Gioele, che ora la loro vita possa risplendere nel chiarore angelico dinnanzi alla tua Presenza.
Giovanni Bernardi
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