Quando l’attenzione di una persona può esser orientata, anche, su altre pratiche non molto affini alla religione. Cosa succede?
Un fedele chiede consiglio circa la possibilità da parte di un cattolico di praticare lo yoga e, se questo, possa influire sulla sua fede o sulla sua pratica religiosa. Ecco cosa ha risposto un sacerdote.
Una domanda molto particolare è stata posta a Padre Angelo da parte di un fedele, ma che può essere anche fonte di attenzione per molti altri che si trovano nella sua stessa situazione: “Può un cattolico praticare lo yoga come esercizio fisico, o per ragioni di salute mentale, sempre ché rispetti dei limiti, come quelli spirituali? Ho letto che da qualche parte è scritto, ma non ricordo dove, che praticare le “posizioni” dello yoga non significa entrare nell’essenza dello yoga, ma mi piacerebbe conoscere l’opinione del padre al riguardo” – scrive.
La risposta del sacerdote arriva chiara e completa: “Lo yoga è una disciplina orientale che ha come obiettivo la liberazione dal samsãra, cioè dalla necessità di rinascere a una nuova esistenza, segnata dal dolore e dalla transitorietà. È una disciplina costituita da otto tappe, la terza delle quali è quella alla quale tu accenni e che consiste nell’assumere modi di sedere che favoriscono la «meditazione»: devono essere «stabili», cioè immobili, «gradevoli» e quindi facili a prolungarsi, e «adatti» alla concentrazione.
La posizione migliore è quella del «fior di loto», che consiste nel mettere il piede destro sulla coscia sinistra e il piede sinistro sulla coscia destra con le piante dei piedi rivolte verso l’alto, nel tenere le mani sulle ginocchia con le palme rivolte verso l’alto o verso il basso, il capo, il collo e il torso ben diritti e in rettilineo, gli occhi chiusi oppure concentrati su un punto, per esempio, sulla punta del naso. Si deve evitare ogni sforzo violento: perciò, si dovrà scegliere la posizione in cui si potrà restare a lungo senza eccessiva fatica.
Tale disciplina va fatta non da soli ma sotto la guida di un guru e cioè di un maestro sperimentato perché non si può apprendere dai libri, ma dall’esperienza e solo una guida sperimentata può dire quali pratiche di yoga siano adatte. Molti occidentali pensano che lo yoga consista semplicemente in una serie di esercizi fisici e di posizioni del corpo che danno un senso di benessere, di calma interiore e di armonia e giovano a mantenere il corpo giovane e in perfetta salute. Ma non è così.
Le varie tappe sono ordinate ad un obiettivo ben preciso che quello di creare il vuoto mentale assoluto. Sotto quest’aspetto è tutto l’opposto del cristianesimo il quale comunica la pace non svuotando la mente, ma riempiendola con la presenza di Dio e del paradiso. Inoltre se lo yoga pretende di portare l’uomo alla perfezione mediante l’uso di tecniche, nell’esperienza cristiana – pur nella doverosa cooperazione con la grazia di Dio per la necessaria purificazione – ci si sente invece passivi nei confronti del Cielo che riversa nei nostri cuori la sua presenza e la sua pienezza” – spiega.
Ma che rapporto può esserci fra il Vangelo e lo yoga? “Tralasciano l’obiettivo perché è l’opposto del Vangelo ma ne prendono solo il metodo. Ma anche qui i pericoli cui si va incontro sono molti perché è facile mettere tutta la propria attenzione nel praticare correttamente le varie indicazioni e trascurare il colloquio con Dio. Così facendo, le tecniche diventano come un fine da perseguire e cessano di essere un semplice mezzo per una preghiera più profonda.
C’è poi il pericolo di ripiegarsi su se stessi, sulla propria persona, sul proprio corpo e si ritiene che la buona esecuzione degli esercizi equivalga ad essere cresciuti nello spirito di preghiera. Facilmente si confondono i risultati di maggiore tranquillità interiore e di più profonda concentrazione e raccoglimento con gli effetti soprannaturali di santificazione che la preghiera produce nel cristiano, che normalmente non sono sperimentabili. Si crede di pregare meglio perché si controllano i propri pensieri e i propri sensi e perciò si è meno distratti.
La qualità della preghiera cristiana invece non dipende dalla concentrazione e neanche dalla mancanza di distrazioni, ma dalla fede e dall’amore. Essa non perde valore merito perché è soggetta a distrazioni. È interessante a questo proposito ciò che insegna San Tommaso: “Per conseguire questo effetto (il valore, il merito) non si richiede che l’attenzione accompagni assolutamente la preghiera in tutta la sua durata. Come avviene in tutte le altre azioni meritorie, è sufficiente la virtualità della prima intenzione con la quale uno inizia la preghiera”.
Ma la preghiera a Dio cosa c’entra con la tecnica dello yoga? “Pertanto anche nell’accogliere la sola tecnica, sganciandola dall’obiettivo del samsara, è necessaria molta cautela. In particolare non si deve dimenticare che la grazia di Dio conferita ordinariamente nei sacramenti comunica una serenità e una pace di ordine soprannaturale, perché sono infuse da Dio nell’anima.
Si pensi a quanto avviene nell’Eucaristia a proposito della quale San Tommaso scrive: “Per la potenza di questo sacramento, l’anima si ristora per il fatto che è spiritualmente gaia e, in un certo modo, inebriata dalla dolcezza della bontà divina, secondo quanto è detto nel Cantico: Mangiate, amici, bevete; inebriatevi d’amore”. E si pensi anche a ciò che viene comunicato nella Confessione sacramentale. Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che “in coloro che ricevono il sacramento della Penitenza con cuore contrito e in una disposizione religiosa, ne conseguono la pace e la serenità della coscienza insieme a una vivissima consolazione dello spirito” – conclude.
Fonte: amicidomenicani
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ROSALIA GIGLIANO
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